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DON FLAMINIO. Tu te ne passi troppo leggiermente: raccontamelo piú minutamente. LECCARDO.... A pena finii le parole, che vidi sfavillar gli occhi come un toro stuzzicato, e la faccia divenir rossa come un gambaro.

Come vostro fratello rifiuterá la sposa, vi appresentarete col prete e la sposarete. DON FLAMINIO. Carizia che or ama don Ignazio, che l'ha legitimamente chiesta per isposa e complito con molti presenti, come s'accorgerá che per i nostri poco fedeli uffici riceverá questa macchia nel suo onore, non m'accetterá per isposo.

DON IGNAZIO. O mio caro fratello, o mio carissimo don Flaminio, ché piú desiderata novella non aresti potuto darmi in la mia vita! DON FLAMINIO. Con patto espresso ch'abbiate a sposarla per questa sera. DON IGNAZIO. Or tal patto non potrò osservarlo. DON FLAMINIO. Come? DON IGNAZIO. Perché non basterei a contenere me stesso in tanto desiderio di non gir a sposarla or ora.

DON FLAMINIO. Oh dolcezza infinita degli innamorati, quando, dopo i casi di tanti infortuni, fortunatamente li è concesso di giunger a quel desiato segno che bersagliò da principio!

Sappiate che incontrandomi con don Flaminio, mi domandò con grande instanza di voi; e domandando io la caggion di tanta instanza, rispose che non voleva dirlo se non a voi solo.

DON IGNAZIO. Per farvi partecipe d'una mia allegrezza; ché so che ve ne rallegrarete come me ne rallegro io, amandoci cosí reciprocamente come ci amiamo. DON FLAMINIO. Rallegratemi presto, di grazia.

DON FLAMINIO. Non sai quella pergola di presciutti, quei salsiccioni alla lombarda, quei formaggi e provature; non sai le compagnie di polli, gli esserciti di galline, quei squadroni di galli d'India, le cantine piene d'eccellentissimi vini che ho in casa?

SIMBOLO. Per questo non deve mai il padrone trattare i suoi fatti dinanzi a' servi, i quali, quando non vi nocciono per malignitá, almeno vi nocciono per ignoranza. DON IGNAZIO. Non so che farmi, son rovinato del tutto; m'ha posto in un garbuglio che non so come distaccarmene: andrá il conte al mio zio, dirá che l'ha trattato don Flaminio e che io ne sia contentissimo, effettuará il negozio.

Ancor morta par bella e t'innamora, perché è morta senza offesa della sua bellezza.... DON FLAMINIO. Ahi, padre troppo austero e troppo nemico del suo sangue! LECCARDO.... Gli occhi miei, che mai piansero, piansero allora. Eufranone la fe' subbito inchiudere in un'arca e fecela sotterrar nella chiesa vicina per la porta di dietro, per non poner a romor la cittade.

DON FLAMINIO. Da un buon fratello come vi son io bisogna dirsi la veritá, poi in cose d'importanza e dove ci va l'onore. DON IGNAZIO. Odo cose da voi non piú intese da altri.