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Aggiornato: 20 giugno 2025


Piglio animo ed entro con iscusa di cercar don Flaminio, e me ne vo insin in cucina e non vi veggio cuochi guattari. Dimando di don Flaminio, e mi rispondono che è piú di un mese che non l'han veduto.

PANIMBOLO. Voi altri innamorati volete sentire una risposta mille volte. DON FLAMINIO. Pur, che ti disse? PANIMBOLO. Quel che suol dir l'altre volte. DON FLAMINIO. Non puoi redirmelo? non vòi dar un gusto al tuo padrone? PANIMBOLO. Cose di vento. DON FLAMINIO. E udir cose di vento mi piace.

LECCARDO. O Dio, dove andrò per trovare don Flaminio? LECCARDO. O signor don Flaminio, buona nuova! la mia lingua non t'apporta piú male novelle. DON FLAMINIO. E la mia ti apporterá grande utile. LECCARDO. Non sapete il successo? DON FLAMINIO. Non io. LECCARDO. Come nol sai, se il sa tutto Salerno? DON FLAMINIO. Nol so, ti dico. LECCARDO. O nieghi o fingi per burlarmi.

DON FLAMINIO. Io non son cosí abbandonato dalla fortuna che, aiutandomi, Carizia non possa divenir mia moglie. E se darò ad intendere a don Ignazio che abbi goduto prima di Carizia, con manifesta speranza mi guadagnarò le sue nozze.

DON IGNAZIO. Ma io non sia quel che sono se non ne la farò pentire. SIMBOLO. Dove andate? DON IGNAZIO. A consigliarmi con la disperazione, con le furie infernali, ché non so quale in me maggior sia l'ardore, il dolore o la gelosia. DON FLAMINIO. Panimbolo, son partiti? DON IGNAZIO. , sono. LECCARDO. Don Flaminio, come sei stato servito da me?

LECCARDO. bene; ma non me ne ricordo, perché era troppo intricato. DON FLAMINIO. Ricordati bene. LECCARDO. Spedazio..., Pignatazio.... Il nome s'assomigliava al spede o pignato, e però me ne ricordo. DON FLAMINIO. Fosse don Ignazio? LECCARDO. , don Ignazio,... Spedazio. DON FLAMINIO. M'hai ucciso, m'hai morto: le tue parole mi sono spiedi e spade che m'hanno mortalmente trafitto il cuore.

DON FLAMINIO. Che dici, fratello? è vero quanto vi ho detto? Io farò il segno: fis, fis. LECCARDO. Signor don Flaminio, Carizia vi prega a disagiarvi un poco, perché sta ragionando col padre. DON FLAMINIO. Se ben è alquanto bellina, io non la teneva in tanto conto quanto voi.

DON FLAMINIO. Panimbolo, par che siamo fuori di periglio. PANIMBOLO. Anzi or siamo nel periglio; e poiché si è cominciato, bisogna finire, ché non facci a noi egli quel che pensiamo di far a lui. LECCARDO. La fortuna scherza con noi, ché scambievolmente abbassa l'uno e inalza l'altro. DON FLAMINIO. Patisca or egli quelle pene che ha fatto patir a me! Egli piange ed io rido.

DON FLAMINIO. Chi Carizia? non l'ho intesa mai nominare. DON IGNAZIO. Carizia, figlia di Eufranone. DON FLAMINIO. Forsi volete dire una giovenetta che nella festa de' tori comparve fra quelle gentildonne con una sottana gialla? DON IGNAZIO. Quella istessa. DON FLAMINIO. E questa è quella tanto onesta e onorata? DON IGNAZIO. Quell'istessa.

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