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Questo è dicea da voi quel che ascoltiamo, che ognun debb'esser disinteressato, se poi vi bastonate fra la gente per quattro moccol di candele spente? Or oltre; io vo' che questa cosa sia dimenticata e piú non se ne parli, preti avaron, che i scandol per la via al popol date invece di troncarli, cosí facendo rider l'eresia.

SANTINA. La porta s'apre: eccolo venir fuora tutto rosso, la serra dentro di piú. Mira come sta stracco e affaticato. NEPITA. Ascoltiamo di grazia, padrona, che dice. Giá non vi può scappare, che non facciate le vostre vendette. GERASTO. Misero e infelice Gerasto, che meglio ti fossi posto ad arare che ad amare, che misera fortuna è questa che hai tu oggi incontrata?

Ascoltiamo la voce del banditore: «A me, Federico Manfredi, banditore del Tribunale di Giustizia nella famiglia centrale dell'Olona, incombe il triste ufficio di partecipare ai presenti ed ai lontani, ai cittadini d'Italia e di tutta la Unione Europea, nonchè agli abitatori delle altre parti del globo che a noi si legarono o fecero solenne adesione ai nuovi patti sociali e politici dell'Era di Redenzione, qualmente all'adulto fratello Secondo Albani, reo, confesso e convinto di parricidio, dietro sentenza concorde dei trecento consiglieri giurati, e il voto dei savii e degli anziani del popolo, sia decretata la condanna suprema della morte civile.

«Siamo traditidissero essi; «ma potrebbe darsi che fossero i nostri colleghi di ritorno dalla scorreria: in tal caso l'affare è fatto: ascoltiamo meglioUna scarica in lontananza confermò la loro supposizione; ma il primo rumore si avvicinava sempre più: si udiva uno strepito d'armi, il fracasso di una zuffa, e qualche gemito che partiva dal fondo del corridoio.

SQUADRA. Fermatevi, padrone, ché vien Mastica e un giovanetto, qual stimo il romano. Ascoltiamo un poco: forse ragionano su questo fatto. MASTICA. Anzi or veniva insino a Salerno a recarti la piú lieta novella che tu avessi avuta giamai. LAMPRIDIO. Perdonami se a torto mi sono adirato teco. MASTICA. Conosci tu questa lettera? LAMPRIDIO. Oimè, d'Olimpia mia!

LIMOFORO. Ascoltiamo che dice la bocca della veritá. PSEUDONIMO. Chiamiamo la balia; ella chiarirá chi sia il vero Limoforo di noi duo. LIMOFORO. Che si chiami. PSEUDONIMO. Tic, toc, tic. Cala qua giú, Lima. LIMA. Che commandate, signor Limoforo mio padrone? PSEUDONIMO. Che dichi chi di noi sia veramente Limoforo. LIMA. Che dimande son queste? voi sète Limoforo, il mio antico padrone.

Discendendo giú per questa scala di compassioni decrescenti, si giunge fino a quel grado di affanno leggiero leggiero, con cui noi viventi del secolo decimonono ascoltiamo le sventure degli Atridi, de' Tiestei e de' Priamidi.

Lontanamente nella mia infanzia si delineava il ricordo di un vecchio signore che veniva qualche volta in casa nostra e che mio padre chiamava un uomo superiore. Mi restò in mente questa parola per aver udito mio padre che diceva alla mamma, in seguito ad una contesa di parenti: "Ascoltiamo i consigli di * che è un uomo superiore." Da allora in poi mi misi a considerarlo attentamente tutte le volte che veniva e mi restò impresso, più che il suo volto, l'espressione di esso: certi movimenti di sdegno, certi altri di piet

TEODOSIO. Chi t'avesse detto, Teodosio, scampato di man di turchi, venir alla tua patria, trovar la moglie viva e la figliuola? SQUADRA. Sento venir genti, ed è Mastica e il romano: scostiamci ché non ci veggano e ci prendano per suspetti, e ascoltiamo da canto la riuscita. TRASILOGO. Meglio sará che ci partiamo, ché potremo dimandargli il successo a bel aggio.

FORCA. Nascondiamoci e ascoltiamo, ché da' suoi maneggi ne caveremo principio di qualche garbuglio: ogni suo trattamento ne potrebbe giovare. MANGONE ruffiano, FILACE servo, PIRINO, FORCA. MANGONE. Filace, olá, non odi? cala qua giú presto. FILACE. Eccomi.