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PIRINO. O Dio, che amara compagnia m'han tenuto questi tutta la notte! ho desiato il giorno per ragionar con Forca, il mio servo, d'un mio sospetto, posso ritrovarlo; oh, sei tu qui? t'ho chiamato tutta questa mattina. FORCA. Anzi v'ho risposto prima che voi mi chiamaste. Ma or con chi ragionate? PIRINO. Con meco. FORCA. Chi è questo meco? guardatevi che non sia qualche mal uomo.

PANFAGO. Or vadansi ad appicar tutti coloro che non credono che amore non basti a trasformar gli uomini in strane foggie; poiché tu da libero e bianco sei divenuto nero e ti lasci vender come vil schiavo. PIRINO. Dimmi, Panfago, potrei esser riconosciuto da alcuno?

FORCA. Nascondiamoci e ascoltiamo, ché da' suoi maneggi ne caveremo principio di qualche garbuglio: ogni suo trattamento ne potrebbe giovare. MANGONE ruffiano, FILACE servo, PIRINO, FORCA. MANGONE. Filace, olá, non odi? cala qua giú presto. FILACE. Eccomi.

PIRINO. Se mi promettete non alterarvi di modo che possiate dar sospetto al guardiano, ve lo mostrerò sano e vivo. MELITEA. Non so se potrò far tanta forza a me stessa. FILACE. Parmi che colui che passa colá, sia Pirino. Entrate, entrate; presto, presto, ché non vi vegga. Ma non è desso, restate. PIRINO. Bisogna farla, ché scoprendovi sareste rovinata voi e il vostro Pirino.

PANFAGO. Se volete vendicarvi, bisogna prestezza e piú fare che dire, anzi il dire e il fare sia in un medesimo tempo: io vi aiuterò col consiglio e con l'esser a parte d'ogni fatica. DOTTORE. Assaltiamgli all'improvviso; ché essendo Pirino temerario ed audace ne' piaceri, sará timido nelle avversitá, ché sempre sogliono essere temeritá e paura in un medesimo soggetto.

DOTTORE. Mangone, hai saputa alcuna novella di Melitea? MANGONE. bene, anzi di cose che voi non sapete. DOTTORE. È dunque in poter di Pirino? MANGONE. Dico altro che voi pensate. DOTTORE. Che cosa dunque? MANGONE. Melitea è libera e gentildonna. DOTTORE. Che non sia qualche nuovo inganno ordito da Forca, per schernir me dello amore e del desiderio di aver figliuoli?

Questa polvere la buona memoria di mio padre usava spesso ne' suoi ladroneggi, con questa scappò mille volte da prigionia, dalla galea e dalla forca ché era la piú reverenda persona del mondo; io che camino per le paterne vestigia, imitator della sua virtú, me ne sono servito in molti casi importantissimi. PIRINO. Che abbiamo a far con la polvere?

PANFAGO. Quante cose paiono che non ponno esser, e pur sono? Ma accioché non pensiate che io parli in aria, m'offerisco a farvi veder ogni cosa con gli occhi propri. DOTTORE. Mangone si guarda da Pirino e da Forca, come il diavolo dalla croce; e Melitea sta inferma e carcerata, e son tre giorni che non ha cibo.

Onde appena sono in piazza, che le genti mi sono adosso, dicendomi che Pirino sta innamorato di una puttana; e che quelle ricchezze che con tanto risparmio e lunghe fatiche sono state raunate in casa mia, vanno in essilio in casa di un ruffiano e si consumano in un viver lussurioso; e che allettato dagli artefici di costei, cerca rubbarmi cinquecento ducati per riscattarla.

PIRINO. Non è giorno che non discorra col cervello per tutti i banchi del mondo. O che cosa infelice è il non aver danari! FORCA. Massime a voi, povero di danari e ricco d'appetito. PIRINO. Non so che fare. FORCA. Anzi bisogna disfare. PIRINO. Chi vogliamo disfare? FORCA. Tuo padre. Avemo il ben in casa e lo vogliamo cercare altrove. PIRINO. Lo caricheremo di troppo peso di dolore.