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La sottoscritta dice: «La vostra viva e morta Melitea». O anima mia, so che non vuoi che viva vita cosí disperata senza darmi novella di te. Ma che cosa mai potrai tu avisarmi che non mi sia di affanno e di cordoglio? o mia dolce morte, o mia amara vita! FORCA. Leggetela liberamente.

Taccia di Cadmo e d'Aretusa Ovidio; che' se quello in serpente e quella in fonte converte poetando, io non lo 'nvidio; che' due nature mai a fronte a fronte non trasmuto` si` ch'amendue le forme a cambiar lor matera fosser pronte. Insieme si rispuosero a tai norme, che 'l serpente la coda in forca fesse, e il feruto ristrinse insieme l'orme.

ASTROLOGO. Non me la darete dunque? RONCA. È fatta commune giá, non può tornarsi piú. ASTROLOGO. Dubito che me la vogliano fare. GRAMIGNA. Non bisogna dubitarne: e ve l'abbiamo fatta giá. ARPIONE. E tu, che pensavi piantar lo stendardo su la torre di Babilona, restarai piantato per ornamento di una berlina, per trofeo di una forca e per ciambello di corde.

Dunque, cuor mio, non risparmiate partito alcuno di rientrare in grazia al Vicerè: vuol gente prigione, e voi dategliela su la forca; la desidera impiccata, e voi fategliela trovare in cinque quarti.

FORCA. Amboduo poco anzi, provisti delle cose necessarie, si sono imbarcati per fuggirsene in luogo ove di loro non si sappia mai piú novella. FILIGENIO. Che cosa è quello che mi dici, Forca? DOTTORE. Dunque a tempo che ho ritrovato la figlia, la perdo: e avendola non l'avrò piú mai, ed era salva quando l'avea perduta!

Il sindaco, che credeva passarsela netta dagli attacchi, sull'ultimo dovette trasalire per una terribile sentenza: i moderati, per trovarsi nel centro dei due partiti estremi, non hanno altro vantaggio che di essere più prossimi alla ghigliottina di questi ed alla forca di quelli.

Va' e ripichia un'altra volta; e, se non risponde, gitta giú la porta, ch'io voglio entrare per ogni modo. RUFINO. Cosí farò. Tic, tac, toc. TRAPPOLINO. Chi è ? chi è ? chi è ? RUFINO. Malan che Dio ti dia! TRAPPOLINO. Te dia el malanno e la mala pasqua a te. Oh patrone! Perdonateme. CURZIO. Non ti curar, forca! Vieni, vieni a oprire. TRAPPOLINO. Adesso.

Ha racconto la burla a mille frasche che l'avran poi tradito. Io vo' fuggire. L'ho detto sempre ch'è stato uno scherzo che merita la forca; e che nol dica. Non ci vo' piú pensare. Oh poverino! ch'era destro! Io so che son saltato del letto senza mettermi il farsetto. S'io aspettava, mi ci avrebben còlto. Ma non sentii presto quel romore ch'io me l'addovinai.

FORCA. Io, quando lo vedo tiepido e disamorato, l'aguzzo l'appetito. FILIGENIO. Talché tu sei il maestro. FORCA. Maestro io? signor no, è il maestro del Studio. FILIGENIO. Che Studio? che signor no? Di che parli tu? FORCA. E voi di che parlate? FILIGENIO. Io parlo della sua puttana.

FORCA. Quei che sono cattivi, stimano che tutti gli altri sieno cattivi. FILIGENIO. Dunque, io son un tristo che stimo te il piú tristo uomo del mondo? FORCA. Non dico questo io, è convenevole a un servo dirlo: ma guardatevi che non lo dica altri a cui piú conviene.