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Quest'uomo a' nostri riputato, che sbigottiva il popol saracino, pe' nuovi libriccini s'è ridotto a viver con la cabala del lotto! E brevemente, per andare in traccia della bizzarra, han posto ordin tra loro. Ognuno dalla stalla il caval caccia. Orlando non avea piú Brigliadoro: non è da dimandar se ciò gli spiaccia. Frontin non è piú vivo.

Con questo furor vostro e troppo foco, credendo farvi onor, vi rovinate. Gesú, Giuseppe e la Madonna invoco, e vi farò veder che v'ingannate, e che il vostro cervello ha un po' di vizio, credendo il mondo sempre in pregiudizio. Sonvi tre leggi, e la divina è prima, la seconda è del re che ci corregge, forma il popol la terza in ogni clima; benché non paia, ella è purtroppo legge.

Popol seguìa, ch'abbandonò le rive Di Xanto, e d'Ida la selvosa altezza, Ove nude mostrar l'antiche dive Al mortal guardo l'immortal bellezza; È duce Alcasto; di costui non vive Braccio, ch'avventi stral con più certezza; Quì seco d'armi nove insegne ei mena, del Xanto rivide unqua l'arena.

Molti rifiutan lo comune incarco; ma il popol tuo solicito risponde sanza chiamare, e grida: <<I' mi sobbarco!>>. Or ti fa lieta, che' tu hai ben onde: tu ricca, tu con pace, e tu con senno! S'io dico 'l ver, l'effetto nol nasconde. Atene e Lacedemona, che fenno l'antiche leggi e furon si` civili, fecero al viver bene un picciol cenno

Balla con noi, buon re: noi non siam prenci, Non vestiamo, gli è ver, porpora ed ostro, Ma fatto è il manto tuo coi nostri cenci, E tinto te l'abbiam co'l sangue nostro. Balla con noi, buon re: vigile ognora Tu pensavi al tuo popolo diletto: E il popol tuo vegliava e veglia ancora Per comporti a sue spese un cataletto.

veggendo Roma e l'ardua sua opra, stupefaciensi, quando Laterano a le cose mortali ando` di sopra; io, che al divino da l'umano, a l'etterno dal tempo era venuto, e di Fiorenza in popol giusto e sano di che stupor dovea esser compiuto! Certo tra esso e 'l gaudio mi facea libito non udire e starmi muto.

Ove del gran Batista il nome onora Popol devoto, i Cavalier sen vanno; Quivi l'Eterno Dio ringrazia e adora AMEDEO genuflesso; ed ogni affanno Sgombro da lui con lode in sino allora Incontro al truce Saracin tiranno Ricorda Doroteo. Fuggon, ma rotte Il vasto mar le infide navi inghiotte.

Non credo ch'a veder maggior tristizia fosse in Egina il popol tutto infermo, quando fu l'aere si` pien di malizia, che li animali, infino al picciol vermo, cascaron tutti, e poi le genti antiche, secondo che i poeti hanno per fermo, si ristorar di seme di formiche; ch'era a veder per quella oscura valle languir li spirti per diverse biche.

Per sempre perder ti vo', per conservarti il core del popol tuo. NER. Ma che? mi credi?... POPPEA Ah! lascia: farti in tuo pro forza vogl'io: son ferma di abbandonare il trono tuo; sbandirmi di Roma; e, s'uopo fia, dal vasto impero. Sollievo a me, s'io pur merto sollievo, e s'io posso non tua restare in vita, bastante a me sollievo fia, l'averti, col mio partir, tolto ogni danno...

Però non istupisco, e son pietoso che il popol di Parigi in folla vada a veder la carrozza che ho narrata: io sarei stato capo di brigata. Non sempre e in ogni loco curiosa soffro la gente molto volentieri, e, verbigrazia, a un'opera fecciosa che corra e spenda e gridi e si disperi. Questa curiositade è perniziosa, io dico, e di cervei troppo leggeri.