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Tutti sanno che la basilica e il convento dell'Escurial furon fondati da Filippo II dopo la battaglia di San Quintino, in adempimento d'un voto fatto a san Lorenzo, durante l'assedio, quando gli assedianti eran stati costretti a cannoneggiare una chiesa consacrata a quel santo. Don Juan Batista di Toledo iniziò l'opera, l'Herrera la compì; i lavori durarono vent'un anno.
Tutti color ch’a quel tempo eran ivi da poter arme tra Marte e ’l Batista, eran il quinto di quei ch’or son vivi. Ma la cittadinanza, ch’è or mista di Campi, di Certaldo e di Fegghine, pura vediesi ne l’ultimo artista. Oh quanto fora meglio esser vicine quelle genti ch’io dico, e al Galluzzo e a Trespiano aver vostro confine,
Così gli disse; e di licor soavi Dolce la piaga inonda; ella repente Salda diviene; e mitigar le gravi Angoscie, e franco il Cavalier si sente. Giunse il Batista allor: verso le navi Affretta il piè la sbigottita gente, E sarebbe ragion stringer la spada, Ed a la fuga lor romper la strada.
E il dottore, scostando un pochino i merletti della camicia di batista, applica l'orecchio sul seno abbondante della moglie del sottoprefetto. Ma, questa volta, il dottore ascolta sì a lungo, che la signora con gli occhi ammicca a suo marito, come per dirgli: Ma che cosa fa? mi pare che si fermi un po' più del necessario.
Guardò, baciò, respirò quelle trine, quei veli di batista e di surah.... baciò i guanciali.... baciò tutto il letto.... e lì sul letto di sua moglie, cercando, aspirando il profumo di sua moglie, si assopì.... finì per addormentarsi.... Dormì così fino alla mattina, e fu destato di soprassalto da un clamore assordante di voci, di grida, di urli, di fischi. Spaventato, scese dal letto.
Ove del gran Batista il nome onora Popol devoto, i Cavalier sen vanno; Quivi l'Eterno Dio ringrazia e adora AMEDEO genuflesso; ed ogni affanno Sgombro da lui con lode in sino allora Incontro al truce Saracin tiranno Ricorda Doroteo. Fuggon, ma rotte Il vasto mar le infide navi inghiotte.
Quando 'l maestro fu sovr'esso fermo, disse <<Chi fosti, che per tante punte soffi con sangue doloroso sermo?>>. Ed elli a noi: <<O anime che giunte siete a veder lo strazio disonesto c'ha le mie fronde si` da me disgiunte, raccoglietele al pie` del tristo cesto. I' fui de la citta` che nel Batista muto` il primo padrone; ond'ei per questo
¶ Però che de' Fiorentini è propio vizio d'appiccare sè medesimi, come degli Aretini il gittarsi ne' pozzi, qui di tutti quei di Firenze che ciò fanno, in uno si ragiona, acciò che ciascun leggendo del suo parente si creda, il quale, per sua patria nominandosi, cioè di Firenze, di lei alcuna condizione in cotal modo significa, dicendo, che per lo mutamento di suoi padroni che anticamente per accrescimento della fede cattolica d'uno in altro si fece, lasciando l'idolo di Marte, il quale, secondo i poeti, Iddio delle battaglie si chiama, e san Giovanni Batista prendendo, che per tale privamento con sua impressione il detto Marte la far
Essa cercava di allontanarsi tirandosi in fondo al canapè. La giubba era sempre aperta, e lasciava scorgere la camicia finissima, colorata, e ne usciva più forte, più acuto quel profumo strano che le dava tanto alla testa. Ma non poteva fare a meno di guardare, di osservare tutto. Che stranezza!... Aveva una camicia fina, fina, di batista, come quella delle signore...
Poi da gli occhi versando un caldo fiume Largo chiedeva a' falli suoi perdono; Ed ecco sfavillar mirabil lume, Di cui s'udia via più mirabil suono; Il gran Batista ivi battea le piume, Del santissimo aspetto i fulgor sono Ch'ivi splendeano; e per divin decreto Voci formava ad AMEDEO far lieto: IV
Parola Del Giorno