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Qui tacque il servo; e la Reina volse Il volto impresso di più reo tormento Verso le membra d'Ottomano, e sciolse Voce interrotta da mortal lamento: Ah mio Re, cui nemico empio mi tolse Quando più n'era il mio desir contento, poco dunque la mia fede espressi, Che tu venirne in dubbio unqua dovessi?

Che se in vece meglio ti diletta da quella sede discorrere co' lumi all'intorno, vai orgoglioso di dominare i sottoposti poggi, e ti pare essere il re di quelle balze. più vario, più piacevole unqua si offriva alimento alla tua curiosit

Omai di Rodi soggiogar l'impero Posso a mia voglia, ed oscurar sua gloria, Ma gioir poco, e poco andarne altiero Mio nome unqua potr

Oronte, guerreggiando unqua mirasti Sembiante assalto? ove virtù mortale Sembra, che 'n campo contrastar non basti, E contra l'armi d'un guerrier sia frale? Ma dimmi, come ne l'assalto entrasti? Come nullo altro in su l'arcione assale Con forte destra gli avversarj teco? E la tua piaga alcun periglio ha seco? Bostange dicea.

<<Questa gente che preme a noi e` molta, e vegnonti a pregar>>, disse 'l poeta: <<pero` pur va, e in andando ascolta>>. <<O anima che vai per esser lieta con quelle membra con le quai nascesti>>, venian gridando, <<un poco il passo queta. Guarda s'alcun di noi unqua vedesti, si` che di lui di la` novella porti: deh, perche' vai? deh, perche' non t'arresti?

Io dentro al cor portava l'Evangelo, bestemmie contr'esso unqua avventai; Ma perchè s'irrideano e preci e zelo, Non curanza di Dio spesso mostrai, E agguagliato agli immemori del cielo, Plausi e piaceri e vanit

2 e che per medesime potuto avesson dar memoria alle sue lode, non mendicar dagli scrittori aiuto, ai quali astio ed invidia il cor rode, che 'l ben che ne puon dir, spesso è taciuto, e 'l mal, quanto ne san, per tutto s'ode; tanto il lor nome sorgeria, che forse viril fama a tal grado unqua non sorse.

Così gridando in su l'arcion sen vola Riarsa di furor l'alma sdegnosa, E ne la man, che tante vite invola, L'acerbissima lancia unqua non posa; Tratta appena egli l'ha da l'altrui gola, Che 'n fondo a l'altrui petto ei l'ha nascosa; E su monti d'estinti e di feriti Saltando il buon destrier spande i nitriti.

Eccolo quivi d'una polcella, mediantovi la vertú del Spirito Santo, poverissimamente nasciuto. Dimmi, uomo, dimmi, animal di ragione, qual umiltade di cotesta maggiore potriasi unqua imaginare?

Ma tramontando il sol, quando rispinti Furo i Turchi costretti alfin ritrarsi, Fattolo ricercar fra i corpi estinti. Ivi non fu concesso unqua trovarsi Con occhi gravi e di mestizia vinti, Udendo Folco, dimostrò turbarsi; E diceva: al maggior dei nostri amici Non si daran d'amor gli estremi uffici?