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Aggiornato: 28 giugno 2025
Cantavano litanie e salmi a verso a verso, e ogni poco prorompevano in urli feroci, come a tener deste le ire; e innanzi a tutti cavalcava un prete.
«Io l'ho trafitto, e pure mio padre mi avea comandato di amarlo: io l'ho trafitto, e pure il grido del mio cuore, più forte di quello di mio padre, mi costringeva ad amarlo! I nostri genitori quando nascemmo c'imposero i loro nomi medesimi, perchè la morte dubitasse di avere dominio sopra l'amicizia delle nostre famiglie; amavano che i secoli maravigliati riputassero i Folcando e i Gostanzo eterni tra i mortali per volere di Dio, onde stessero esempio perenne di questo nobile affetto. Bevemmo nella medesima tazza, riposammo nel medesimo letto, furono i nostri studii, e i nostri sollazzi comuni, e crescemmo stupore degli uomini, e benedetti dal Signore. Quando i nostri padri morirono, le ultime loro parole furono preghiere e consigli, per conservare lo scambievole affetto, ed aggiungevano essere questa la porzione più preziosa del retaggio che ci lasciavano. I nostri campi non ebbero confine, i nostri armenti confusi; volentieri ci saremmo ridotti ad abitare un solo castello, ma per rispetto alle memorie paterne non volevamo fare l'altro deserto: convenimmo dimorare alternamente ora l'uno ora l'altro, e così facemmo. Scorsero anni felici, di cui la rimembranza nell'angoscia presente è tormento più feroce di quello che la vendetta possa desiderare al nemico. Allo improvviso Berardo diventa pensoso, spesso si smarrisce per la foresta, tardi ritorna al castello, nè per quanto siasi affaticato, può gustare cibo, o bevanda. Tu soffri, amico mio, un giorno gli dissi, ed egli mi rispose: Io amo; gli domandava: Qual donna? Era una santissima fanciulla, figlia di povero Cavaliere, che abitava forse due miglia distante dai nostri castelli. I cuori dei giovani s'erano accesi di scambievole amore, desideravano dirselo, più desideravano renderlo sacro con la religione, ma non osavano, tanto erano verginali quelle due anime innocenti! Io fui quegli che tentai la fanciulla; io, che la chiesi al padre; io, che apparecchiai la festa, e sollecitai il rito; nè per nulla ne divenni geloso, che ben conosceva lo affetto di moglie essere diverso da quello di amico, e il cuore di Berardo restarmi pur sempre intero. Vi narrerò la gioia dei vassalli, il tripudio degli sposi, l'allegrezza dei parenti, il fragore dei conviti? Io lascio queste cose come non importanti al mio assunto; lascio ancora i bei giorni che tennero dietro a cotesto caso, e narro quelli d'ira e di sangue. La bella sposa ebbe vaghezza di accompagnarci alla caccia, noi la menammo; e desiderosi di preda tanto ci avvolgemmo per la selva, che ormai diventava impossibile di poter giungere avanti vespro al castello. Uscimmo dalla foresta, e c'incamminammo verso una casa, che compariva da lontano in mezzo della pianura. Arrivammo. Un Cavaliere in modo cortese c'invita a entrare; io lo guardo in faccia, e sento turbarmi da non mai più sentito sgomento, che poi a prova ho conosciuto essere un miscuglio d'odio, di disprezzo e di fastidio: volgo il cavallo per fuggire colui che aveva suscitato nella mia anima la sensazione del rettile velenoso; mi rattiene Berardo, e mi forza a seguirlo: entro in quella casa tremando, presago di qualche gran danno; il Cavaliere mi sorride; quel sorriso mi strazia le viscere; abbasso lo sguardo per non vederlo; non parlo, ricuso il cibo, fingo súbito male, e affretto la partenza; per via di tratto in tratto giro la testa sospettoso, come se alcuno m'inseguisse, e prorompo in voci di minaccia: Berardo e Messinella stimano ch'io abbia perduto il senno. Passano alcuni giorni nei quali non vedendo, nè rammentando il fatale Cavaliere, la calma torna a serenarmi lo spirito. Certa sera, mentre cavalcava a diporto, sento sollevarmisi in mente irresistibile desiderio di tornare al castello; sprono a precipizio il destriero, arrivo, e vedo un cavallo legato nella corte; ascendo le scale, un Cavaliere favellava domesticamente con Messinella, la teneva stretta per mano; ella era pallida, e sembrava spaventata di trovarsi sola con quell'uomo; al rumore dei miei passi costui si volge, troni del cielo! io vedo l'ospite spaventoso. Egli si leva subitamente, mi viene incontro, mi saluta e mi porge la mano; la mia non si mosse, pareami averla incatenata sul fianco; le parole che favellai furono poche, ed amare: accortosi ch'egli era il mal gradito l
L'uomo che cavalcava alla testa dei soldati, venne a loro incontro a tutta velocit
Solo con dodici cavalli, uscito di schiera e di via, la notte innanzi il quindici agosto, andava a dar dritto in una torma di cinquecento cavalli francesi; se non che una parte de' suoi uomini d'arme e poche centinaia d'almugaveri, che lui smarrito cercavano, s'accorsero de' nimici. Senz'arnese il re cavalcava. Ma come di qua, di l
Tutti parlavano, ed era una conversazione in dieci lingue, accompagnata da risate, canterellamenti e nitriti. Davanti a noi cavalcava il portabandiera, seguito da due soldati della Legazione d'Italia; dietro venivano i cavalieri della scorta, guidati dal generale mulatto, coi fucili ritti sulle selle; dai lati uno sciame di servi arabi a piedi.
Re Carlo Alberto, testimonio e parte di tutte le fasi della battaglia, cavalcava taciturno e mesto verso la citt
Dopo ventiquattro giorni di vita cittadina, la carovana mi fece l'impressione viva d'uno spettacolo nuovo. Eppure nulla era mutato, eccetto che, in mezzo a noi, accanto a Mohammed Ducali, cavalcava il moro Scellal, il quale, benchè i suoi affari fossero stati accomodati amichevolmente, credeva più prudente ritornare a Tangeri sotto le ali dell'Ambasciatore, che rimanere a Fez sotto quelle del suo Governo. Oltre a ciò, un osservatore acuto avrebbe notato sui nostri visi, se pessimista, un certo dispetto, se ottimista, una certa serenit
Cavalcava essa con baldezza e leggiadria singolare un generoso destriero bianco come la neve, che quasi consapevole del pregio di colei che portava, caracollando, scoteva altera la testa, ma senza darle ombra di minor sicurezza.
Erano arrivati ad un ponticello di pietra, che cavalcava un largo fossato di scolo: una grossa quercia lo nascondeva quasi nella propria ombra. Sediamoci, disse Bice. Ella salì senza sforzo sul parapetto, esclamando poco dopo con gaiezza infantile: Vieni anche tu. Quando si furono seduti, abbracciandosi quasi nel timore di cadere, rimasero un pezzo a guardarsi; ma ella gli trasse il cappello.
Mentre Rosen cavalcava per quelle ridenti campagne che corrono da Neufchatel, fino a Hermont e fino alla riva dell'Oise, pensava a quella sua vita spensierata di Londra, a sua moglie, a' suoi amici, alle sue ricchezze dissipate, e a quello strano capriccio della fortuna che gli aveva indicato per rimediarvi una via sì colpevole e sì singolare. La notte s'era fatta piovosa, e Rosen era triste.
Parola Del Giorno
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