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Scommodando gli amori di Giacomino, accommodarò il mio stomaco. Devo io osservar fede a chi mi manca di fede? Io intanto apparecchiarò le scuse e le gambe per sfrattar la campagna, e al peggio le spalle alle bastonate. Vuo' piú tosto morir satollo e da forfante che morirmi di fame e da uomo da bene.

«Oh maledetti ingegni traditori è di Turpin l'invettiva zelante, filosofi del mal coltivatori, maestri a far la societá forfante, de' patiboli infami protettori, certo voi siete a parte del contante del carnefice, a voi sozio e compagno; e ben vi si conviene un tal guadagno». Segua il guascon gli oscuri suoi destini: fuggiam, lettor, dalla malinconia.

PEDANTE. Perché sei un forfante che ad altro non pensi che mangiare. LARDONE. Come si parla di mangiare e di bere, sono un forfante; come non darmi da mangiare e bere, son piú che fratello carissimo. PEDANTE. Ti vorrei attaccar la bocca con una cannella piena di vino e lasciarti bere fin che crepassi; e dire: Vinum sitisti, vinum bibe. LARDONE. O che crepar dolce!

LECCARDO. Fratelli, di grazia, dopo che sarò morto sepellitemi in un magazin di vino, ché a quell'odore risusciterò ogni momento. BIRRI. Camina, forfante leccardo! LECCARDO. Forfante no, Leccardo . DON RODORIGO viceré della provincia, EUFRANONE, DON FLAMINIO.

SPAGNOLO. Mi señora, no puedo mas sufrir la pasion que me da la hermosura suya: perdóneme si me atrevo á tanto. GIACOMINO. Mira forfante! te imparerò creanza con un bastone!... A baciarla! SPAGNOLO. ¡Á don Cardon de Cardona, palos! ¡á mi, palos! Voto á Dios, que yo os mataré y á todo el mundo, que despoblaré todo el infierno. CAPPIO. ¡Don Ladron de Ladroni, toma esto!

Fa piú d'esso la sposa Bradamante: mi die' giú per lo capo del «forfante», gridando che il partito non è buono, e ch'è passato il tempo de' mariti, e ch'io pensassi a cantare in bel tuono il vespro e non a cercarvi partiti. Io per giustificarmi sol qui sono, perché i discorsi vengon travestiti; e non vorrei, se il falso vi si mostra, uscir, Marfisa, dalla grazia vostra.

Lardone, tu sai ch'io e tu ci conosciamo insieme, e tu non ti puoi nascondere dietro questo dito. Sai bene quante volte avemo mangiato e bevuto insieme a spese de' perdenti; tu sei un forfante, e le forfantarie l'ho imparate da te; se faremo questione, scoprirò bene che sei un forfante de ventiquattro carati.

MARTEBELLONIO. Cala qua giú e pigliati cinquanta scudi. LECCARDO. Sali qua tu e pigliatene cento. MARTEBELLONIO. Cala qua giú, traditore, e pigliati mille scudi. LECCARDO. Sali qua tu, forfante, e pigliatene dumila. MARTEBELLONIO. O Dio, che tutto mi rodo per aver in man quel traditore! LECCARDO. O Dio, che tutto ardo per non poter castigar un matto!

E cominciò: Illustrissima... ma quella non gli lasciava dire una parola. Ei ripiglia: Illustrissima... e pur ella gli va serrando le sillabe in gola. Tacete gridava, e pur martella che non dovea lasciarla un giorno sola, e che una sposa, sviscerata amante, si tratta meglio, e chiamalo forfante. E perch'ei pur l'«illustrissima» intuona, ella ebbe finta alcuna lagrimetta.