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d’innanzi mi si tolse e restarmi, «Ecco Dite», dicendo, «ed ecco il loco ove convien che di fortezza t’armi». Com’ io divenni allor gelato e fioco, nol dimandar, lettor, ch’i’ non lo scrivo, però ch’ogne parlar sarebbe poco. Io non mori’ e non rimasi vivo; pensa oggimai per te, s’hai fior d’ingegno, qual io divenni, d’uno e d’altro privo.

Si fa nel primo canto agli Angelini, agli Orlandi, a' Rinaldi la pittura, agli Olivieri e all'altre alme famose, perché il lettor s'informi delle cose. Se non credessi offender gli scrittori che han rotto con lo scrivere ogni sbarra, e son fatti del mondo inondatori, io canterei di Marfisa bizzarra.

A descriver lor forme più non spargo rime, lettor; ch’altra spesa mi strigne, tanto ch’a questa non posso esser largo; ma leggi Ezechïel, che li dipigne come li vide da la fredda parte venir con vento e con nube e con igne; e quali i troverai ne le sue carte, tali eran quivi, salvo ch’a le penne Giovanni è meco e da lui si diparte.

Tu sai, lettor, che ti narrai qui dreto siccome a un oste avea dato l'uffizio di notare in sul libro all'alfabeto quanto egli avea consunto, e ad artifizio il rozzon pegno e lo staffier malato gli aveva in sulle spese anche lasciato. Dopo alcun tempo il servo era giá morto.

Poté ben Filinor gridare a gola: Ritorna indietro, briccon, dove vai? colui pe' fatti suoi via se ne vola, e non rispose e non si volse mai. Questa disgrazia poscia non fu sola; furon molte, lettor, come udirai. Non comincia fortuna mai per poco, quando si prende alcuno a scherzo, a giuoco. Filinoro era omai senza un quattrino.

Sol si ritorni per la folle strada: pruovi, se sa; ché tu qui rimarrai, che li ha’ iscorta buia contrada». Pensa, lettor, se io mi sconfortai nel suon de le parole maladette, ché non credetti ritornarci mai. «O caro duca mio, che più di sette volte m’hai sicurt

Io so, lettor, negli antichi poemi talor goduto avrai qualche rassegna, e letto: «Il tal passava, e par che tremi il terren sotto alla schiera, all'insegna; e il tal monarca da' paesi estremi veniva dopo con sua gente degna, armata di panziere o cuoio cotto e con mazze ferrate e il giaco sotto».

Ma sopra tutto ell'era stravagante giuocando alla bassetta al tavoliere, dove, per vie di dir, metteva su un fante quanti danar si ritrovava avere; poscia mandava il parolo e piú inante; perduti quelli, si facea tenere in sulla fede, e perdea quanto mai; s'io tel dico, lettor, nol crederai.

A guisa d'uom che 'n dubbio si raccerta e che muta in conforto sua paura, poi che la verita` li e` discoperta, mi cambia' io; e come sanza cura vide me 'l duca mio, su per lo balzo si mosse, e io di rietro inver' l'altura. Lettor, tu vedi ben com'io innalzo la mia matera, e pero` con piu` arte non ti maravigliar s'io la rincalzo.

Pensa, lettor, s'io mi maravigliava, quando vedea la cosa in se' star queta, e ne l'idolo suo si trasmutava. Mentre che piena di stupore e lieta l'anima mia gustava di quel cibo che, saziando di se', di se' asseta, se' dimostrando di piu` alto tribo ne li atti, l'altre tre si fero avanti, danzando al loro angelico caribo.