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Allega delle matte piú di venti in tua difesa, alfin poco t'onori disse Ermellina, ch'anche i disperati dicon: Non sarem soli in fra i dannati. Orsú, tu déi lasciar cotesta vita e devi Filinoro abbandonare. Pónti in contegno, ed a Terigi unita voglio vederti e il filo rappiccare. La giovinezza fugge, e quando è gita, sai che non suole addietro ritornare.

Egli avea de' parenti di gran stima e in gran riputazion per la Guascogna. Questi: Pagargli i debiti per prima avevan tra lor detto non bisogna; ma non convien la sbirraglia l'opprima, ché ne verrebbe a noi troppa vergogna. E con uffizi e secreti e trattati teneano in soggezione i magistrati. Tal che pioveva a Filinoro addosso de' creditor la rabbia e le parole.

Per coscienza intendo Filinoro dia concorrenza a questo barbassoro. Tenterem, vederemo; a Carlo Mano vo' ragionare; ho degli amici anch'io. Possibil che disutile sia Gano! Voi, Filinor, pregate intanto Iddio. Qui Filinor gli baciava la mano. S'offerser tutti a questo lavorio. Il pranzo era finito e, detto pria l'Agimus tibi gratia, ognun partia. Correan ventitré ore o poco meno.

La fama va per lungo e per traverso di questo piato; ogni omiciatto sallo; tanto che negli uffizi questo fatto die' quasi a Filinoro scaccomatto. Seppelo Gano, e tosto quell'ostiere fece con un esilio cacciar via. Io so, ciascun la ragion vuol sapere che Gano a Filinor amico sia.

Cosí va il cavalier verso la Francia, e gran pezzo avea fatto del viaggio; e pur chiedeva delle miglia, e ciancia dove passava in cittade o villaggio, e si fa grande, ed i servi rampogna. Ma dir tutto in due canti non bisogna. Segue il viaggio Filinoro e prova accidenti moderni per la via. Soffre sventure, ciarla e ciò che giova adopra, ché non vuol malinconia.

I paladini con scoperta faccia condannan Filinoro apertamente. A poco a poco fuggon la sua traccia; dove son, non lo vogliono per niente; come un codardo, un messo, un contadino, non l'accettano piú nel lor casino.

A chi per caso gli dava un saluto, tosto chiedeva sei zecchini d'oro: per la restituzion, fosse vissuto quanto Nestorre, era vano il lavoro. Non c'era uom che l'avesse conosciuto, che non dovesse aver da Filinoro; e sempre par che furberie ritrovi per accoccarla e far debiti nuovi.

Se v'è in piacer che a Filinoro sia dato il sigillo, io son di ciò contento: chiedo sol modo a questa prole mia di viver con fortezza nello stento. O Vergin pura, o Vergine Maria, conducete le man nel parlamento. Cosí diceva il signor di Bellanda, dal pianto molle che dagli occhi manda.

Quella carrozza era una cosa bella e rara, e in piazza, e si dovea vedella. Il cavalier, che da quella è schizzato, era quel Filinoro di Guascogna. Perché da un sol rozzon fosse tirato e dal staffiere, dirvi or mi bisogna. In una pozza se gli era affogato il caval terzo e rimasto carogna, ed era presso a Parigi un trar d'arco, donde non volle rimanersi al varco.

Giunta a Gano, dimanda il forestiere, e il vigliettino gli metteva in mano. Per l'amor di Maria dicea, messere, venite via, se siete buon cristiano. Filinor lesse ed ebbe un gran piacere, e disse: Io vengo; e prima volle a Gano la carta e l'avventura far palese, per non disalvear dal Maganzese. Vide che in Filinoro gli ritorna occasion da tirar fuor le corna.