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Aggiornato: 10 giugno 2025


Al secolo torniam di Carlo Mano, alle dolenti note di Turpino, a Filinoro fatto ciarlatano, alla bizzarra ed al fratel meschino, a Dodon sciolto, al danese cristiano, ad Orlando, ad ogni altro paladino, perocché incominciando s'ha intenzione di dare all'opra alfin conclusione. Il vecchio Uggero in traccia di Marfisa non andò molto lunge dalle mura.

Chi l'aveva veduta furiosa, chi travestita a' ridotti la sera; ond'egli era geloso e riscaldato, e mandava spion per ogni lato. Se alcuna volta in casa la trovava, or sbavigli, or rabuffi riscuoteva. Eccoti Filinoro che arrivava, e appresso la bizzarra si metteva.

I romiti dicean: Fra gli ammalati, che giunti sono in quest'erema valle, noi non vedemmo un uom di peggior cera; egli è peccato un bel giovin pèra. L'abate chiese a Filinor chi fosse e da sua povertá che desiasse. Filinoro un pochetto si riscosse, e parve a ragionar che si sforzasse. Padre diss'egli, divozion mi mosse, perché l'altre speranze omai son casse.

A questa un vigliettin diede, e mandava a Filinoro a dir che l'aspettava; che non partia per la conversazione, se non venía, ché molto ad esso inclina. Ipalca in testa a rovescio si pone una sua cottardita, e via cammina. Giunse assai tardi a casa Ganellone, che va dicendo la Salve Regina, e a tutti gli altarini che ha trovati, due Credi ginocchioni ha recitati.

Per quella via scorgeva esser infrante del maritaggio l'ancore e le vele, e pel ritardo si vedea davante strugger miseramente le candele; donde ha l'alma nel sen combattuta, che tira gli occhi solo e si sta muta. Come a Dio piacque, Filinoro è giunto con vestimenti molto corredati; poiché Gan, che vedea le cose appunto, fece che Baldovin glieli ha prestati.

In bocca la bizzarra un sassolino si getta per confonder la favella, caso che il ciurmador per rio destino fosse il guascon, che mai non vorrebb'ella; ma ci vuol flemma, ché insino a un puntino, al viso, al favellare, alla gonnella, alla disinvoltura, ed in sostanza è Filinoro: è tronca ogni speranza.

Piú di tutti alle spinte acquista fama don Guottibuossi, che è qui mascherato, e grida: Largo, amici, a questa dama! e apre l'onda e gran fesso ha formato. Marfisa aiuta anch'essa quella trama, e spinge quanto un uomo disperato, tanto che giunse in mezzo al cerchio stretto, e rassettossi poi qualche merletto. E si fece vicino a Filinoro, ch'era un de' piú bei putti che sien visti.

Ora torniamo a Gan, che s'innamora de' tremila zecchini, che son belli: gli tocca e con la vista gli divora; poi gli ripon ne' sacri suoi cancelli; poi ride e dice: Questi gli sparagno, perch'io sono il mignon di Carlo Magno. Volle che Filinoro gli facesse una scrittura, in viso assai cortese, con la qual dell'incarco promettesse a Gan cento zecchin pagar il mese.

Ma poiché molto il pericol, dicea, d'ir sui teatri la mortificava, ché la sua castitá, che salva avea sino a quel punto, si perseguitava, a sposar Filinoro discendea e i santi acquisti in dote gli recava; ma veramente l'accieca la brama di sposar Filinor per esser dama.

Il parlamento ebbe una gran baldanza a non darmi il sigillo dell'impero diceva; per sua parte n'ho vergogna e gliene incaco e peggio, se bisogna. Marfisa a' paladini aveva detto «assassini» e «briccon» con insolenza, che non aveano Filinoro eletto: gli discacciava dalla sua presenza. Veniva il buon Terigi, poveretto; ma lo trattava con indifferenza.

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