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Aggiornato: 10 giugno 2025
Rugger afflitto non apriva bocca; e poich'egli ebbe sofferto e sofferto, a Carlo Magno un giorno fece istanza che a Filinoro facesse aver creanza. Non s'usavan duelli, e le vendette s'erano riformate dall'antico: per vie nascoste dirette e indirette, chi mente avea domava l'inimico.
Il testo ritorna a Filinoro saltimbanco, che, fuggendo il palchetto sí molesto, trova la moglie, travagliato e stanco, e fece fare i suoi fardelli presto, ché pargli aver qualche sicario al fianco; poi, caricata una sua gran carrozza, quella notte partí di Saragozza.
Or udirete le imprese famose di Filinoro, e fatti d'altra guisa, e come venne a Carlo di Guascogna, perocché ordir la tela pur bisogna. Filinor di Guascogna un giovanetto era nobil di stirpe e bello assai. Passava presso a molti uom d'intelletto, nelle conversazion non tacea mai; parea ch'ogni materia avesse letto.
A' giorni suoi non fu tanto eloquente quanto in quel punto il gabellier marchese. Le chiedeva perdono umilemente, giurava non aver le cose intese; che i tremila zecchin subitamente le avria mandati, i piú bei del paese, e ventimila e trentamila in oro, purch'ella non scrivesse a Filinoro.
Basta, le cose tutte apparecchiate non parean brutte, guardate allo ingrosso. Le visite che fece e le abbracciate, i complimenti e inchin dirvi non posso. Ad un, che andava nell'Indie dicea, ad un nel Cairo, ad un nella Guinea. Perocché Filinoro era sí avvezzo a dir, quando parlava, la bugia, che della veritade avea ribrezzo, e dicendone alcuna si pentia.
Rise Marfisa e sul viso gli ha dato con il ventaglio, ch'era leggiadrissima; e finalmente ognuno a pranzo andava. In casa a Gano Filinoro entrava. Vide a piè della scala Gan teneva, come un gigante, un crocifisso Cristo. Nel girar della scala che faceva, eccoti innanzi un altro Gesú Cristo. Nella sala maggior entra, e vedeva la Via crucis. Per tutto c'è Cristo.
Tutto Parigi stava in attenzione su' scherzi di Marfisa e del guascone. Terigi fece dir da don Gualtieri a Rugger che troncasse quella trama. A Filinoro avea detto Ruggeri che cercasse altra casa ed altra dama. Il guascon gli rispose: Volentieri; ma fe' peggior effetto il porre in brama, ché la difficoltate ed il timore fe' cercar nascondigli e punti ed ore.
A cenni d'occhi e mani nobilmente e fiutando tabacco, Filinoro fe' i tre cavalli attaccar prestamente, e lascia il quarto che vale un tesoro. L'oste gli è intorno e gli bacia umilmente con la berretta in mano il gheron d'oro. Filinor parte e l'oste inchina il cocchio insin che può discoprirlo con l'occhio. Or qui potria domandarmi il lettore che cosa avvenne poi del cavalcante.
Troppo n'avete, signora, sofferto disse, e raccolse l'alber prestamente: poscia le diede memorial parecchi, i quai cosí suonavano agli orecchi: 29 «A custodire il sigillo reale concorre Filinoro, di Guascogna suddito, e d'una nobiltá cotale, che per la brevitá dir non bisogna.
Poté ben Filinor gridare a gola: Ritorna indietro, briccon, dove vai? colui pe' fatti suoi via se ne vola, e non rispose e non si volse mai. Questa disgrazia poscia non fu sola; furon molte, lettor, come udirai. Non comincia fortuna mai per poco, quando si prende alcuno a scherzo, a giuoco. Filinoro era omai senza un quattrino.
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