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Nove anni a pena in ciel Febo rivolse, Ch'andò la genitrice a l'ore estreme; Quinci di Creta il genitor si tolse, Perch'ebbe in Cipro d'avanzarsi speme: Dunque su legno, che primier disciolse Fidò se stesso, e noi suoi figli insieme, E non grande tesor: solcammo i mari, E fummo colti da' ladron corsari.

2 Fai ch'a Rinaldo Angelica par bella, quando esso a lei brutto e spiacevol pare: quando le parea bello e l'amava ella, egli odiò lei quanto si può più odiare. Ora s'affligge indarno e si flagella; così renduto ben gli è pare a pare: ella l'ha in odio, e l'odio è di tal sorte, che piu tosto che lui vorria la morte. 3 Rinaldo al Saracin con molto orgoglio gridò: Scendi, ladron, del mio cavallo!

Sacrossi in Rodi, e su spalmate prore Tutte de l'Asia sbigottì le rive, E de' fieri ladron domo il furore, Mille lor vele gi

GIACOCO. E da parte mia, dui scervecchie e dui seguzzuni. CAPPIO. Questo a don Ladron, quest'altro al capitan avantaggiato, e questo al nato come il re. SPAGNOLO. Yo iré á tomar mi espada y en dos golpes, chis chas, os haré mil pedazos. GIACOCO. N'arai reppoliata na bona remmenata de mazze, va' e torna per l'autra: va' e vienici a fare no nudeco alla coda. PEDANTE. Tabernario!

PANTALEONE. ¡Ah, villano montañero! DANTE. ¡Ah, ladron ciudadano! PANTALEONE. Oh, beso las manos de V. M., señor capitan don Juan Hurtado de Mendoza, de Ribera, de Castilla. DANTE. Beso a V. M. mil veces las manos y los pies, señor capitan don Pedro Manriquez, Leyna, Guzman, Padilla y Cervellon. PANTALEONE. ¿Pues como en estas partes y tanto tiempo que no le he visto?

Godi, Fiorenza, poi che se' si` grande, che per mare e per terra batti l'ali, e per lo 'nferno tuo nome si spande! Tra li ladron trovai cinque cotali tuoi cittadini onde mi ven vergogna, e tu in grande orranza non ne sali. Ma se presso al mattin del ver si sogna, tu sentirai di qua da picciol tempo di quel che Prato, non ch'altri, t'agogna. E se gia` fosse, non saria per tempo.

Beppe, il mondo di quell'epoca Pare un mondo immaginario! Il ladron della mattina Bacia a sera un reliquiario; Sulla massa che cammina, Come pecore attruppate, S'erge sempre, quasi a bussola, Il cocuzzolo d'un frate. Eran più che innumerevoli I colori delle tonache; Una mistica lussuria Dava l'estasi alle monache; E cantavansi a distesa Inni e salmi nella chiesa.

Che mi sia tolto il mio, patir non soglio, ma ben fo, a chi lo vuol, caro costallo: e levar questa donna anco ti voglio; che sarebbe a lasciartela gran fallo. perfetto destrier, donna degna a un ladron non mi par che si convegna.

85 Avea Aquilante in Antiochia inteso essergli concubina, da più genti; onde gridando, di furore acceso: Falsissimo ladron, tu te ne menti! un pugno gli tirò di tanto peso, che ne la gola gli cacciò duo denti: e senza più contesa, ambe le braccia gli volge dietro, e d'una fune allaccia; 86 e parimente fece ad Orrigille, ben che in sua scusa ella dicesse assai.

Tal si partì da cantare alleluia che mi commise quest’ officio novo: non è ladron, io anima fuia. Ma per quella virtù per cu’ io movo li passi miei per selvaggia strada, danne un de’ tuoi, a cui noi siamo a provo, e che ne mostri l