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L'erbe, gli alberi, i fior, le frondi, i sassi, mi rappresentan sempre, e l'onde, e l'ora, quel viso dopo il qual nulla mi piacque. U' gli occhi giro, ovunque movo i passi, nulla non scorgo, o penso, o sento fuora di lei, che per bearmi in terra nacque. Dello stesso

Se accettavi l'invito, facevi ampia conoscenza con l'intera famiglia osservò di Reana. No, no, non mi movo dal Veneto per quest'anno. La mamma avrebbe avuto tanto piacere di vederti... Anch'io di veder lei. Ma sar

rispuose: <<Ben e` vivo, e si` soletto mostrar li mi convien la valle buia; necessita` 'l ci 'nduce, e non diletto. Tal si parti` da cantare alleluia che mi commise quest'officio novo: non e` ladron, ne' io anima fuia. Ma per quella virtu` per cu' io movo li passi miei per si` selvaggia strada, danne un de' tuoi, a cui noi siamo a provo,

rispuose: <<Ben e` vivo, e si` soletto mostrar li mi convien la valle buia; necessita` 'l ci 'nduce, e non diletto. Tal si parti` da cantare alleluia che mi commise quest'officio novo: non e` ladron, ne' io anima fuia. Ma per quella virtu` per cu' io movo li passi miei per si` selvaggia strada, danne un de' tuoi, a cui noi siamo a provo,

Sitibonda di luce, inerme e sola, Movo.

Ogni volto che a lampi appare e spare forse è il mio: chè mio corpo non è questo solo ch’io sento e curo e movo e vesto: chi vi noma e vi scinde, onde del mare?... D’essere innumerevole è mia gloria e mia superbia; e multiforme, come te, folla; e in preda a tutti i venti, come te, che a folate scardini la storia;

Vecchia megera esangue Che ti nascondi nel cappuccio nero, Io nelle vene ho sangue, Sangue di popolana ardente e fiero. Vive angosce calpesto, e pianti, ed ire, E movo all’avvenire. Voglio il lavor che indìa, E con nobile imper tutto governa. Il sogno e l’armonia, D’arte la giovinezza sempiterna; Riso d’azzurro e balsami di fiori, Astri, baci e splendori.

Tu strisci, io volo; tu sbadigli, io canto: Tu menti e pungi e mordi, io ti disprezzo: Dell’estro arride a me l’aurato incanto, Tu t’affondi nel lezzo. O grasso mondo d’oche e di serpenti, Mondo vigliacco, che tu sia dannato! Fiso lo sguardo ne gli astri fulgenti, Io movo incontro al fato;

Tal si partì da cantare alleluia che mi commise quest’ officio novo: non è ladron, io anima fuia. Ma per quella virtù per cu’ io movo li passi miei per selvaggia strada, danne un de’ tuoi, a cui noi siamo a provo, e che ne mostri l

Tal si partì da cantare alleluia che mi commise quest’ officio novo: non è ladron, io anima fuia. Ma per quella virtù per cu’ io movo li passi miei per selvaggia strada, danne un de’ tuoi, a cui noi siamo a provo, e che ne mostri l