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Sol fra le turbe e fra l'orror di Marte Con fulgida bipenne entra in battaglia, Che parte punge orribilmente, parte Con sottil filo orribilmente taglia; Sparso il ferro è di fregi e tale è l'arte Che d'altre arme il lavor non gli s'agguaglia; Era il manico avorio, e 'n varj modi Ben stelleggiato di dorati chiodi.

Salvete, o petti scamiciati e ferrei, Ruvidi corpi e muscolose braccia Infaticate nel clamor ruggente De l’officine: Salvete, o voi, cui del lavoro infiamma Il santo orgoglio, e nel lavor morrete, Voi, del pensier, del maglio e della scure Strenui campioni. A me dinanzi in visïon severa Passan profili d’operaie smorte, Passan le navi ruinanti a l’urto De la procella;

E poi quer gran piacere de l'artezza, Indove stanno a lavor

Tenea sotto un broccato a padiglione, la Donna mia, ritta sul basalto, la fatal Coppa della incantagione. Fioriva roseo il loto in sul cobalto dei rabeschi e caudato erto un dragone d'oro con stretti nodi ambiva all'alto, mentre in vago lavor, dentro a un castone d'argento, ridean l'uve dallo smalto.

Spiegando i bullettin, che avea riposti per la gran fretta senza fare esame, legge che astucci e oriuoli avean posti, catene, tabacchiere e vasellame, mille lavor fantastici e supposti, e tutto d'oro e niente di rame; indi guaine o vuoi stivali o guanti per certe dita de' moderni amanti.

Ma de l'augel cristato non presto s'annunzia giá spuntarse nova luce, ecco di tromba un sòno manifesto fa dar per le contrate il pronto duce. S'ode di par il sòno: è il volgo desto, al solito lavor che si riduce, o lieto ch'in cospetto al rege primo va fuora e riede carco sol di timo. La verde giovenezza è che sen fugge a la ricolta in bande assai longinque.

Se tu fossi plebeo, ma sovra gli uomini Cui preme e sfibra il vile ozio codardo Ergessi il capo altier, E nel tuo vasto cerebro gagliardo Avvampasse la febbre del pensier, Io t’amerei, !... T’amerei per l’opre Tue vigorose e la tua vita onesta. Pel sacro tuo lavor; Sovra il tuo petto chinerei la testa. Forte di stima e pallida d’amor!...

Vecchia megera esangue Che ti nascondi nel cappuccio nero, Io nelle vene ho sangue, Sangue di popolana ardente e fiero. Vive angosce calpesto, e pianti, ed ire, E movo all’avvenire. Voglio il lavor che indìa, E con nobile imper tutto governa. Il sogno e l’armonia, D’arte la giovinezza sempiterna; Riso d’azzurro e balsami di fiori, Astri, baci e splendori.

Lessi: La plebe intera e ammutinata: Fiera e compatta ingombra piazze e strade: Gli urli «Pane e lavor» son le sue spade, Di mille petti a fa barricata. Lessi: Caffè, palagi han vetri infranti: Chiusi i balconi e chiuse son le porte: Passan per la cittade armate scôrte, Lutti s’apprestan per le donne e pianti.

Disse: Chiedo lavor, son forte e sano Resisto a la fatica, Ho due braccia di ferro.