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Erano passati due mesi, quando una notte ebbi la brutta idea di invitarlo a cacciare il leone. Io camminavo innanzi e lui camminava dietro a me. Avevamo percorso parecchie miglia, quando quel miserabile scagliossi a tradimento su di me cacciandomi la sua scimitarra in una coscia. Caddi a terra. Lui mi calpestò, mi sferzò il volto con un corbach poi, non contento, mi sputò in fronte.

È vero!.... È vero!.... Ei calpestò un affetto, Che men compianta potea far sua vita!.... È vero!.... È vero!.... Al domestico tetto Per lui la mensa fu di duol condita!.... Ma chi di noi, sovra il proprio cammino, Non calpestò, rimpiangendolo, un fiore?... Nascer pöeta è orribile destino! Il cérebro talor soffoca il cuore! Oh! guai nascer pöeta ove la Musa Non trova il pane per nudrire i figli!

Come se me l’avessero calpesto il cor mi duole, e fede m’abbandona: mi sferzan tutta, carne anima vene, le passïoni con ardor selvaggio, ed io sento che vano è il mio coraggio, sento la morte o la follia che viene.... Toccate quanta arsura ho nelle mani, guardate quante fiamme ho dentro gli occhi. Fate ch’io preghi, curva sui ginocchi, come nei giorni placidi lontani!...»

I lembi ne caddero sparsi a terra; ma egli, non pago ancora, calpestò con gioja selvaggia lo scassinato telajo e i pochi avanzi del dipinto che ancor v'erano attaccati.

Verde seta, quanto mal fosti intrecciata con essi: mi promettesti speranza ma è giá morta ogni speranza per me. Voi m'avete ingannato; ma chi non areste ingannato se ci foste avolti da quella con tante belle maniere e tanti baci? Io calpesto cosí voi come ella ha sprezzata e calpestata la mia fede.

Tu fosti il traditore, quando ebbro di potenza aggravasti il mio capo d'infamia: guardati, abbietta creatura, di mandare un sospiro; o se nel furore che ti agita senti il bisogno di maledire, maledici te stesso; io sono giunto a prostrarti, ed io ti calpesto

Vecchia megera esangue Che ti nascondi nel cappuccio nero, Io nelle vene ho sangue, Sangue di popolana ardente e fiero. Vive angosce calpesto, e pianti, ed ire, E movo all’avvenire. Voglio il lavor che indìa, E con nobile imper tutto governa. Il sogno e l’armonia, D’arte la giovinezza sempiterna; Riso d’azzurro e balsami di fiori, Astri, baci e splendori.

Il toro vi andò contro con tanta forza, che, nonostante il colpo di lancia infittogli nella groppa, uno de’ suoi corni sparì nel ventre del ronzino, l’altro gli squarciò la spalla, e tutto fu sollevato in aria di peso, uomo e cavallo, poi rovesciato contro la barriera, schiacciato, calpesto, mentre il toro non riusciva più a districare le corna dalla orrenda ferita e scoteva rabbiosamente la cervice, cavando sterco e viscere dall’addome dilaniato.

Trasideo sorse al primo albore, ed arse, Le trombe udendo, e fulminò su i vinti, E sordo a preghi inesorabil sparse Di sangue il campo, e calpestò gli estinti; Poi fra le selci per lo ciel cosparse, E fra gli strali da le corde spinti Tutto trafitto egli caddeo sul muro, Ivi fatto a mirar spettacol duro.