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Ci riposiamo fino alle due, poi proseguiamo e dopo una leggiera salita ridiscendiamo per seguire il corso di un torrente asciutto e tortuoso che attraversiamo almeno una dozzina di volte. Non abbiamo guide, e nessuno cui domandar consiglio quando ci troviamo ad una biforcazione della vallata; seguitiamo quindi dove ci pare più ragionevole dover essere la nostra direzione, ma il dubbio ci accompagna dello sbagliar strada. Passa un'ora, ne passano due e più, il cammino si fa sempre più cattivo e a cento doppii aumenta ad ogni passo il timore d'essere su falsa strada; la vallata ci appare chiusa e davanti ci sta un'ertissima salita che è pur forza superare, e a divagarci abbiamo parecchi incontri di grossissime scimmie. Dal colmo dell'altura si stende dietro noi un estesissimo panorama di tutto il territorio che attraversammo da Adua in qua; un vero ammasso di coni e di avvallamenti, perfettamente l'effetto di una carta geografica in rilievo. A sud la catena imponente del Semien che si protende verso ovest, dove ci sta dinanzi la parete quasi verticale del monte di Wogara che dovremo oltrepassare, e del quale ci fecero pitture così nere, dicendolo tanto erto che le mule cariche non lo possono salire, ed è forza farvi trasportare il bagaglio a dorso d'uomo. Discendiamo di pochi metri in un altipiano in gran parte coltivato, sparso di acacie e di enormi gruppi di gelsomini affratellati alle rose, e in fondo al quale sorge un'altura la cui vetta è coronata da piante e sul cui versante, a diversi gruppi è sparso un villaggio. presso è piantata la nostra tenda che vediamo con somma gioia, perchè il sole volge al tramonto, e sempre abbiamo compagna l'ansia dell'esser fuori strada. Il villaggio è detto Dibbi-bahar, a 2200 metri. La posizione è bella, il pascolo abbondante, e ciò ci rallegra, perchè prevediamo che domani si dovr

Però con ambo le braccia mi prese; e poi che tutto su mi s’ebbe al petto, rimontò per la via onde discese. si stancò d’avermi a distretto, men portò sovra ’l colmo de l’arco che dal quarto al quinto argine è tragetto. Quivi soavemente spuose il carco, soave per lo scoglio sconcio ed erto che sarebbe a le capre duro varco. Indi un altro vallon mi fu scoperto. Inferno · Canto XX

Più lunga scala convien che si saglia; non basta da costoro esser partito. Se tu mi ’ntendi, or fa che ti vaglia». Leva’mi allor, mostrandomi fornito meglio di lena ch’i’ non mi sentia, e dissi: «Va, ch’i’ son forte e ardito». Su per lo scoglio prendemmo la via, ch’era ronchioso, stretto e malagevole, ed erto più assai che quel di pria.

Però con ambo le braccia mi prese; e poi che tutto su mi s’ebbe al petto, rimontò per la via onde discese. si stancò d’avermi a distretto, men portò sovra ’l colmo de l’arco che dal quarto al quinto argine è tragetto. Quivi soavemente spuose il carco, soave per lo scoglio sconcio ed erto che sarebbe a le capre duro varco. Indi un altro vallon mi fu scoperto. Inferno · Canto XX

Tra erto e piano era un sentiero schembo, che ne condusse in fianco de la lacca, la` dove piu` ch'a mezzo muore il lembo. Oro e argento fine, cocco e biacca, indaco, legno lucido e sereno, fresco smeraldo in l'ora che si fiacca, da l'erba e da li fior, dentr'a quel seno posti, ciascun saria di color vinto, come dal suo maggiore e` vinto il meno.

71 Così a Ruggier narrava Ricciardetto, e la notturna via facea men grave, salendo tuttavia verso un poggetto cinto di ripe e di pendici cave. Un erto calle e pien di sassi e stretto apria il camin con faticosa chiave. Sedea al sommo un castel detto Agrismonte, ch'ave' in guardia Aldigier di Chiaramonte.

Piu` lunga scala convien che si saglia; non basta da costoro esser partito. Se tu mi 'ntendi, or fa si` che ti vaglia>>. Leva'mi allor, mostrandomi fornito meglio di lena ch'i' non mi sentia; e dissi: <<Va, ch'i' son forte e ardito>>. Su per lo scoglio prendemmo la via, ch'era ronchioso, stretto e malagevole, ed erto piu` assai che quel di pria.

Tra erto e piano era un sentiero schembo, che ne condusse in fianco de la lacca, la` dove piu` ch'a mezzo muore il lembo. Oro e argento fine, cocco e biacca, indaco, legno lucido e sereno, fresco smeraldo in l'ora che si fiacca, da l'erba e da li fior, dentr'a quel seno posti, ciascun saria di color vinto, come dal suo maggiore e` vinto il meno.

Quel sol che pria d'amor mi scaldo` 'l petto, di bella verita` m'avea scoverto, provando e riprovando, il dolce aspetto; e io, per confessar corretto e certo me stesso, tanto quanto si convenne leva' il capo a proferer piu` erto; ma visione apparve che ritenne a se' me tanto stretto, per vedersi, che di mia confession non mi sovvenne.

35 Trovaro una villetta che la schena d'un erto colle, aspro a salir, tenea; ove ebbon buono albergo e buona cena, quale avere in quel loco si potea. Si mirano d'intorno, e quivi piena ogni parte di donne si vedea, quai giovani, quai vecchie; e in tanto stuolo faccia non v'apparia d'un uomo solo.