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Voi ci avete la spada d'Orlando, e vi fa comodo di metterla fuori; io, colto alla sprovveduta, non ci ho che un coltello da caccia; vedete! Il Picchiasodo rimase grullo per un istante a guardarlo. Ma egli non era uomo da smarrirsi per così poco, e trovò subito uno spediente da rimediare allo sconcio. Oh, non importa! rispose. Date a me il coltello; io cedo a voi la spada d'Orlando.

Miraculosa gagliardia di quel muletto che porta cosí sconcio elefantaccio! CALANDRO. Fulvia! o Fulvia! FULVIA. Messer, che vuoi? CALANDRO. Fatti alla finestra. FULVIA. Che c'è? CALANDRO. Vuoi altro? Io vo insino in villa, ché Flaminio nostro non si consumi drieto alle cacce. FULVIA. Ben fai. Quando tornerai? CALANDRO. Forse stasera. Fatti con Dio. FULVIA. Va' in pace, col mal anno.

GULONE. Le tue parole m'hanno sconcio lo stomaco di sorte, che, se non vado a ristorarmelo altrove, non sará ben di me oggi. TRINCA. Oh, come scampa il poltrone! giá li par aver Mazzafrusto e Sgraffagnino alle spalle, che lo menino alla dieta. Il medesimo farò col capitano: porrò tanta zizania fra costoro, che li condurrò che venghino alle mani e si rompino le teste.

Il primo d’essi si rapporta ad una decisione presa da Esdra, e che per quanto la si debba giudicare crudele e dolorosa verso gli interessati, che erano in numero grandissimo, tuttavia era imperiosamente richiesta tanto dalla religione quanto dalla politica; poichè si trattava di estirpare uno sconcio che perpetuandosi minava senza via di scampo sino dalle radici l’esistenza religiosa e politica della nazione intiera.

Io pure, che, lasciandomi addietro voi tutti, mi sprofondai nelle turpitudini e ne' vizi, impegolandomi di essi dai piedi alla testa in così sconcio modo da far credere che fossi perduto per sempre... tuttavia nell'estremo della sventura rinvenni la lucida ragione, e smisi ogni cattiva abitudine... Parlate dunque!

Dopo lo sconcio qui rammentato non ebbevi fatto alcuno nella vita del CHIABRERA, come uomo privato, che meriti d'avere speciale ricordo: visse in patria con riposo, sano in modo che non mai stette in letto, salvo due volte per due febbri terzanelle, ciascuna di loro passò sette parosismi. In questo egli fu assai avventuroso: ma non gi

Però con ambo le braccia mi prese; e poi che tutto su mi s’ebbe al petto, rimontò per la via onde discese. si stancò d’avermi a distretto, men portò sovra ’l colmo de l’arco che dal quarto al quinto argine è tragetto. Quivi soavemente spuose il carco, soave per lo scoglio sconcio ed erto che sarebbe a le capre duro varco. Indi un altro vallon mi fu scoperto. Inferno · Canto XX

Pero` con ambo le braccia mi prese; e poi che tutto su mi s'ebbe al petto, rimonto` per la via onde discese. Ne' si stanco` d'avermi a se' distretto, si` men porto` sovra 'l colmo de l'arco che dal quarto al quinto argine e` tragetto. Quivi soavemente spuose il carco, soave per lo scoglio sconcio ed erto che sarebbe a le capre duro varco. Indi un altro vallon mi fu scoperto. Inferno: Canto XX

Cinthi fili, inchinati reverenter. GERASTO. Questi è Cintio vostro figliuolo? PANURGO. Ipse est e vostro famulo ancora. GERASTO. Sii ben venuto, Cintio, figliuol mio. MORFEO. Ben ritrovato, padre ca... ca... caro. GERASTO. Come è cosí impedito della lingua, Narticoforo caro? come cosí sconcio della faccia? oimè, che puzza!

Mi accompagnò nella mia camera, facendomi traversare un deserto e tetro salone, dove poche settimane prima era caduto un fulmine; le finestre e il camino avevano sofferto, come la parete esterna che si era spaccata, e lasciava scorgere il cielo azzurro. Nulla era stato fatto per riparare in qualche modo a quello sconcio.