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MASTICA. Perché morto che serò io, tu serai il piú gran poltron del mondo. SQUADRA. Taci, Mastica. Vuoi tu ucciderti con lui? MASTICA. Non ci uccideremo, no: poltron con poltrone non si fa male, «corvo con corvo non si cava gli occhi».

Una branda di tela, chiusa, un canapè, due poltrone, sedie etc. Saru e Anna Egli indossa un costume da caccia in velluto marrone a millerighe, calza stivaloni e regge con la sinistra una valigetta di cuoio. Comu ti lassu partiri?... Chi sacciu,... senza dirimi nenti!.... E chi t'ha' a diri? Ti dissi arrivederci.... Non torni dumani?

E tu com'è possibile, uomo nefario, ch'in tanti cotidiani lustri non abbi imparato a latinare un cosí dotto et elegante epilogo ch'un bubalo se ne sarebbe giá fatto ampiamente capace? MALFATTO. Mastro, date un po' la frusta a esso e io alzarò voi e lui ve dará un cavallo e poi tutti doi me cacciarete lo naso. PRUDENZIO. Poltrone ribaldo! MALFATTO. Non me agiognerete, no.

Non la conoscete? Ma che: l'avrete vista cento volte a spasso per via Roma, con l'ombrellino giallognolo guernito in pizzo di Venezia, o nelle poltrone del Politeama, sorridente sotto un gran cappellone d'una forma singolare, che a lei sola sta bene tanto e non può essere portato che da lei.

Poi risale lesto al suo posto, batte il leggìo per far silenzio, e dice: «Vieuxtemps, Fantaisie». E i fogli di musica, fruscianti, si volgono. Tutta Praga accorse al Rudolfinum, la sera del concerto; si affollò in platea, si stipò nelle gallerie, sedette, bisbigliando e tossendo, nelle poltrone e nei palchi. Poi l'orchestra Boema prese i suoi posti.

Vole ch'io vada a chiamare un certo scolaro che vole che venga adesso. , ! È bello e venuto. PRUDENZIO. Adhuc sei , eh? Non odi, insolente famulo, no? MALFATTO. Oh! crepa, crepa, ché non te voglio respondere. PRUDENZIO. A chi parlo io? Olá! MALFATTO. , ! oh qua! PRUDENZIO. Malfatto, vòltate, che te volti el carnifice! O Malfatto! o poltrone! MALFATTO. Che volete?

STRAGUALCIA. Pedante! pedante! PEDANTE. Lassa ch'io trovi il padrone!... STRAGUALCIA. Lasciate ch'io truovi suo padre!... PEDANTE. Oh! A suo padre che puoi dir di me? STRAGUALCIA. E voi che potete dir di me? PEDANTE. Che tu sei un gaglioffo, un manigoldo, un infingardo, un poltrone, un pazzo, uno imbriaco, posso dire.

Patrone, io non voglio venire se non me date le scarpe. PRUDENZIO. Vieni; ch'io t'imprometto de dartele come noi tornamo. MALFATTO. ! come tornamo! Voi me ci volete cogliere come le altre volte. Non avete un quatrino. PRUDENZIO. Tira alle forche, temerario poltrone! Che sai tu se io ho nummi o no? Fa' che stii cheto e non amplius loqui. E basta. CECA serva.

Iddio mi dia grazia ch'io gli possa far del bene. Che borbotti? che dici, poltrone? non è vero? CRIVELLO. Che volete ch'io dica? Dico di , io. Fabio è buono, Fabio è bello, Fabio serve bene, Fabio con voi, Fabio con madonna... Ogni cosa è Fabio; ogni cosa fa Fabio. Ma... FLAMMINIO. Che vuol dir «ma...»? CRIVELLO. ...non sará sempre buona robba. FLAMMINIO. Che dici tu di robba?

È bella cosa, è ver dicea Dodone, ma quando intendi il mondo vada male, so che il tacere è cosa da poltrone, e de' corregger l'uom per quanto vale. So ch'oggi una bagascia è la ragione, ché l'avete mandata all'ospedale per soggezione, e con rispetti umani e finte indifferenze e baciamani.