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ARMELLINA. Rispondi tu prima a me: se dici che son la tua imperadora, ti posso comandare. VIGNAROLO. Porto il presente, mezzo al patrone e mezzo a te; e se ti piace tutto, piglialo tutto. ARMELLINA. Mi raccomando. VIGNAROLO. Fermati un poco, ché son venuto a posta dalla villa per vederti... ARMELLINA. E non m'hai veduta? VIGNAROLO. ... e parlarti ancora. ARMELLINA. E non m'hai parlato?

Anzi, se dritto guardiamo, anco l'entrate de' terreni stessi e delle possessioni, all'alzarsi delle monete, scemano non meno a danno del patrone che del colono; imperciocché quell'uva, que' frutti, que' polli ed altri comestibili, che vengono alla piazza, non restano di valere il medesimo numero di soldi che prima valevano, con tutto che tanti soldi vadano di piú a fare uno scudo d'oro od uno scudo d'argento.

CECA. Chi è la giú? RUFINO. Sono el fratello della Ceca vostra. CECA. Chi sei? Antonio? RUFINO. Madonna . CECA. Tu sia el ben venuto. Aspetta, ch'io ti vengo a oprire. RUFINO. Zi! Patrone, acostatevi. CURZIO. O Dio, aiutame. RUFINO. Acostatevi piú alla porta. CURZIO. Che te hanno detto? RUFINO. Adesso vengono a oprire. CECA. Entrate, olá! Non fate rumore.

Eh! de grazia, non me buttare la testa nello pitale. LUZIO. Se tu non vieni, te lassarò Malfatto, veh! MALFATTO. Aspetta un altro poco. Oh quello! E tu come te chiami? TRAPPOLINO. E che ne vòi tu sapere, bestia? MALFATTO. Lo vorria sapere perché, quando te trovassi, te vorria dire «bon ». TRAPPOLINO. Te llo dirò poi, un altro giorno di questa stimana. MALFATTO. Che sta male lo patrone tuo, eh?

REPETITORE. Non piacerá giá al precettore. RUFINO. Cosí, vestitomi, entrai seco in camera: ove ella, chiamato per nome el patrone, gli disse ch'ella era per contentarlo di molto piú che lui non li avea saputo adimandare. REPETITORE. Costui è molto loquace persona.

TRAPPOLINO. Che compagno? che compagno? gaglioffo che tu sei! MALFATTO. Olá! Parla con voi, vedete. CURZIO. Ché non vieni aprire, sciagurato? TRAPPOLINO. Oh patrone! Perdonateme; adesso vengo. MALFATTO. Sta con voi quello che dite? CURZIO. che sta con meco. Perché? MALFATTO. E con chi dorme? con voi? CURZIO. Non. Dorme con un altro compagno. MALFATTO. Io dormo molto ben con lo mastro.

Patrone, io non voglio venire se non me date le scarpe. PRUDENZIO. Vieni; ch'io t'imprometto de dartele come noi tornamo. MALFATTO. ! come tornamo! Voi me ci volete cogliere come le altre volte. Non avete un quatrino. PRUDENZIO. Tira alle forche, temerario poltrone! Che sai tu se io ho nummi o no? Fa' che stii cheto e non amplius loqui. E basta. CECA serva.

TEDESCO. Avere detto bene che stare un grande asene. CAPPIO. E tu arciasino ad aprire. TEDESCO. Mi patrone, che comandare Vostre Signorie? GIACOMINO. Tedesco mio, m'hai da fare un piacere di che non ti pentirai. TEDESCO. Eccomi a vostre piacere. GIACOMINO. Vien questa gentildonna con la sua balia ad alloggiar nella vostra osteria; vorrei che ti fosse raccomandata come la mia propria vita.

RUFINO. Patrone, io ve ricordo che, se piú ne avessivo rechiesti, piú ne arestivo trovati ch'el medesmo vi arebbono detto. CURZIO. Vedi che 'l nostro banchieri ne ha aiutato inel bisogno con una sola polizza delle nostre senza altri contratti o cavillazioni.

Sed ecce a punto Malfatto che torna. O Malfatto! MALFATTO. Me par sentir... Oh! è lo mastro. A , site lo ben venuto. PRUDENZIO. Et tu quoque. MALFATTO. E dove è lo coco, patrone? Io non lo vego. PRUDENZIO. Io dico, tu ancora. MALFATTO. Basta: tant'è. E voi dove sète stato, patrone? PRUDENZIO. Fui al bibliotecario e al loco gerente del Monarca, idest Governatore, ch'è nostro alumno.