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Será buono ch'io mi nasconda insino a tanto che se va con Dio. RUFINO. Oh insperata, oh buona nuova! oh buono incontro! E chi pensato aría mai questo? Oh savio e prudente conseglio di donna! REPETITORE. Io voglio avicinarmegli alquanto. RUFINO. Va' tu e di' poi che le donne han poco cervello! E forsi che 'l patrone non si credeva godere con la figliuola di madonna Iulia?

REPETITORE. Non piacerá giá al precettore. RUFINO. Cosí, vestitomi, entrai seco in camera: ove ella, chiamato per nome el patrone, gli disse ch'ella era per contentarlo di molto piú che lui non li avea saputo adimandare. REPETITORE. Costui è molto loquace persona.

RUFINO. Cosí la giovane, ch'insino allora avea tenuta seco nel letto e per buona pezza sollazzatosi con esso lei, si era levata e, gittatosi sopra della camiscia un camorrino, comparí dinanzi a lui ch'a parlare con madonna Iulia posto si era. Ma non tosto egli la vide che, tutto smarrito, gridò: Oh consorte mia! REPETITORE. El resto potemo pensare le Signorie Nostre.

RUFINO. Ve ho da parlare de cosa importante. PRUDENZIO. E da parte de chi? RUFINO. Venite a basso, se volete, che ve llo dirò. PRUDENZIO. Adesso vengo. REPETITORE. Che bona nova è questa? RUFINO. Come lui viene abasso, lo saperete. REPETITORE. Sono forsi cose d'amore? RUFINO. De grazia, non me llo adimandate; ch'io non vel voglio dire, se non ci è lui.

PRUDENZIO. Portateme un poco quella toga rubea nuptiale. REPETITORE. Ecco. Adesso. MALFATTO. Cagna! Lassame fugire sotto el letto. RUFINO. Be', dove è la mancia che me volete dare? PRUDENZIO. Io vi prometto... com'è el nome vostro?... RUFINO. Rufino. PRUDENZIO. ... eccellentissimo patrone mio singularissimo misser Rufino, voler componer in laude vostra uno epigramma.

MASTRO ANTONIO. , , misier . Che se n'è fatto de quel vostro mistro? REPETITORE. Non est in domi. MASTRO ANTONIO. Che desi? Non ghe in Roma? REPETITORE. Dico domi, domi. MASTRO ANTONIO. Missier . E' me l'ha be' ditto che ghe vegna. REPETITORE. Oh che pulchra festa ch'è questa! MASTRO ANTONIO. De grazia, vegnite un pochetin abasso, ché voio parlar con Vostra Magnificenzia.

REPETITORE. Che domino sará? RUFINO. E chi pensato aría mai che la moglie del mio patrone... Ché son oggi mai piú di doi anni che la sposò contro a sua voglia per sodisfare ai prieghi del signore, che a un povero servitore son comandamenti..., REPETITORE. Oh salata parabola! RUFINO. ... ed avevala lasciata ed erasene venuto a Roma... REPETITORE. Caput mundi.

RUFINO. ... per non la vedere, solo per far dispetto a chi ne era stato cagione ch'egli l'avessi sposata. Ma la buona moglie, come la necessitá suol fare astuti e scaltriti li uomini..., REPETITORE. Cosí è, per Dio.

PRUDENZIO. Taci, se non vòi ch'io ti trasverberi con quell'ense. REPETITORE. In fine, non est ordo ch'io possa trovar el famulo acciò che, per letificazione del maestro, potessi conclamare dinanzi la casa della dignissima sua Livia.

Alla faccia tua e del compagno ancora. RUFINO. Oh poltrone, tristo, sciagurato! Vien qua giú! vien giú! MALFATTO. Vien ! vien , tu! RUFINO. Apri la porta e vederai se io ci verrò. MALFATTO. Son contento. Ma dimmi: hai naso freddo tu? RUFINO. Diavolo ch'io trovi un sasso, stanotte! REPETITORE. Eh! non fate, omo da bene.