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LELIA. Il nome no, ch'io sappi, e massimamente in questa terra. Del resto si vuol domandarne gli spagnuoli che mi tenner prigiona a Roma. CLEMENZIA. Questo è l'onor che tu fai a tuo padre, a la tua casa, a te stessa ed a me che t'ho allevata? che ho voglia di scannarti con le mie mani. Entrami innanzi, veh! ch'io non voglio che tu sia piú veduta in questo abito. LELIA. Oh!

E Mattia come lo vedete, con tutti i suoi studi e le sue medaglie e i suoi occhiali d'oro, così serione ch'egli pare.... Ma se ci si mette! Non ci credete veh! alla mamma. Dice così per farmi arrabbiare. Sicuro, poverino! Ma se mi ponessi a narrare un paio soltanto delle sue storielle! E ne narrava alcune difatti, ad onta delle proteste che il professore affettava di fare.

LUZIO. E halla vista sòreta, esso? MINIO. , che l'ha vista. E che li vol dare certe cose bone, ch'esso ce vorria venir a dormire stanotte. LUZIO. E tu vo' gnelo dire? MINIO. Ma se gnello voglio dire? Lo credo! ché m'ha promesso de non me dar delli cavalli, se io gnello dico, veh! LUZIO. Ed è bella sòreta? MINIO. , ch'è bella; e tutta notte ioca con meco. LUZIO. E a che iocate?

Veh! veh! questa voce non m'inganna; è Caicchia il fruttaiolo di via San Francesco; no, è del suo figliuolo, quel monello che non ha mai fatto nulla di bene. Oh! oh! Caicchia. Chi mi chiama? rispose la voce. Son io, è Topo che hanno fatto cascare nella trappola: ma tu sei dentro? Son fuori; non son gonzo. E che ci fai? Faccio il gatto.

Vien, di grazia, presto; se non, mi rimanderebbe un'altra volta a cercarte crederebbe ch'io t'avesse fatto l'ambasciata. LELIA. Orsú! Va', Pasquella, ch'io verrò. Burlavo teco. PASQUELLA. Quando, gioia mia? LELIA. Presto. PASQUELLA. Quanto presto? LELIA. Tosto. Va'. PASQUELLA. T'aspettarò all'uscio di casa, veh! LELIA. , . PASQUELLA. Uh! Sai? Se tu non vieni, m'adirarò.

Voi pure saprete quel che vi ho detto una volta.... , mi avete detto che tra noi la era un'amicizia da Oreste, e.... aiutatemi a dire! Da Oreste e Pilade, ve lo ripeto, e sono sempre ai vostri comandi. Orbene, vi confido una cosa; ma, intendiamoci, veh! Acqua in bocca, non dubitate. Son segreto come la torre del palazzo Ducale.

Ah!... To!... Veh!... La gran testa d'oca ch'io sono...! E dire che io mi era gi

E portatosi il colmo bicchiere alla bocca, lo vuotò d'un fiato. L'esempio fu seguito da tutti. Ah yes! altro bicchiere, gridò l'inglese facendo scoppiettare il suo frustino, altro ancora, eppoi vincere. Vèh, vèh, l'inglese s'infiamma! osservò Piero con un po' d'ironia. To', è vero, aggiunse Tonio. Yes! e perchè non m'infiammare? Non avere forse puledro inglese più nobile sangue che non italiano?

, la madre veh! la povera donna abbandonata nell'indigenza che vive oggi vendendo il superfluo e che domani sar

E..., perdoni, veh, se l’importuno con tante domande, ma, sa, se io non domandassi, lei non mi risponderebbe... Dunque, dicevo: come fece per intromettersi nel giardino? Oscar In un modo semplicissimo: sfuggendo alla vigilanza d’una guardia... che dormiva, e scavalcando il muro dove questo è molto basso. Il Commissario Il Brigadiere Sento, signor Commissario. Il Commissario La guardia dormiva.