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«Prima ch’io de l’abisso mi divella, maestro mio», diss’ io quando fui dritto, «a trarmi d’erro un poco mi favella: ov’ è la ghiaccia? e questi com’ è fitto sottosopra? e come, in poc’ ora, da sera a mane ha fatto il sol tragitto?». Ed elli a me: «Tu imagini ancora d’esser di l

Quando entrai nella sala, fui per smarrirmi per la maraviglia. Quella luce, quella bianchezza raggiante, quei dipinti, la stupenda armonia degli archi e delle volte intrecciate e reggentisi l’una sull’altra, l’altezza che sapeva di tempio, gli ori, gli specchi, le lumiere, le statue, i fiori, tutto ciò mi dava una sorta di sgomento, una vertigine, mi rapiva a me stesso, mi toglieva la coscienza della realt

Non separar le mie terrene forme dall’albero, dal musco, dallo stelo. Io non fui d’altri e non sarò mai tua, io son di me: pur m’è tremendo il giogo del lento corpo: se il sol fosse un rogo, dentro m’avventerei, per esser sua. Fra gli uomini che odio e il Dio che agogno sta la vita: ed ucciderla non posso: ella, ella sola è il tramite che, rosso di sangue, tutta mi congiunge al sogno.

Quel giorno cercai tutti i modi di distrarmi: e non potevano a tal uopo giovarmi i discorsi di Mansueta. Scrissi prima di sera un mucchio considerevole di lettere; scrissi a della gente che sicuramente non ha mai potuto indovinare il vero motivo di quel mio insolito zelo epistolare. Poi dopo cena fui felice d'aver qualcosa da ingannare la solitudine. Uscii per ispedire la mia corrispondenza.

Come arrivando per la via del settentrione, così partendo da Madrid per la via del mezzogiorno, si percorre una campagna disabitata che rammenta le provincie più povere dell'Aragona e della Vecchia Castiglia. Son vaste pianure giallastre e secche, nelle quali par che il terreno, a picchiarci su, debba risuonare come un uscio, o screpolarsi come la crosta d'una torta abbrustolita; e pochi villaggi meschini, dello stesso colore del suolo, che pare dovrebbero accendersi come un mucchio di foglie inaridite, solo ad avvicinare un fiammifero allo spigolo d'una casa. Dopo un'ora di strada, la mia spalla cercò la parete del carrozzone, il mio gomito cercò un sostegno, la mia testa cercò la mano, e caddi in un profondo sopore, come un membro dell'Ateneo d'ascoltazione di Giacomo Leopardi. Pochi minuti dopo che avevo chiuso gli occhi, fui riscosso da un disperato gridío di donne e di ragazzi, e balzai in piedi chiedendo ai vicini che cosa fosse seguito. Ma prima che avessi finito la domanda, una risata generale mi rassicurò. Un drappello di cacciatori sparsi per la campagna, vedendo arrivare il treno, s'eran messi d'accordo per far un po' di paura ai viaggiatori. In quei giorni si parlava della comparsa d'una banda di Carlisti nelle vicinanze di Aranjuez: i cacciatori, fingendo d'essere l'avantiguardia della banda, mentre passava il treno, avevan gettato alte grida come per avvertire il grosso degli armati che accorressero, e gridando, avevan fatto l'atto di sparare contro i carrozzoni; onde lo spavento e le grida della gente; e poi avevan tutt'a un tratto voltato i fucili col calcio in aria, per far vedere che l'era stata una burla. Passata la tremerella, chè n'ebbi per un momento un pochino anch'io, ricaddi nel mio sopore accademico; ma ne fui scosso daccapo, di l

e più d’onore ancora assai mi fenno, ch’e’ mi fecer de la loro schiera, ch’io fui sesto tra cotanto senno. Così andammo infino a la lumera, parlando cose che ’l tacere è bello, com’ era ’l parlar col

Allora fui tratto a pensare al mio passato, ritessei la lunga tela della mia vita conturbata, rifeci ad uno ad uno i miei viaggi faticosi.

<tb> Nel 1874 mi inscrissi al partito repubblicano; nel 1876 cominciai ad apparire in pubblico come oratore. Nel 1882, quasi durante gli esami di laurea, ebbe luogo un processo mio in Corte d'assise, ed era, non so se il decimo o il duodecimo. Fui processato anche dopo, e ultimamente nel 1896 a Milano e Livorno, sempre per delitti di stampa e sempre assolto.

Lo duca mio li s’accostò allato; domandollo ond’ ei fosse, e quei rispuose: «I’ fui del regno di Navarra nato. Mia madre a servo d’un segnor mi puose, che m’avea generato d’un ribaldo, distruggitor di e di sue cose. Poi fui famiglia del buon re Tebaldo; quivi mi misi a far baratteria, di ch’io rendo ragione in questo caldo».

Lo duca mio gli s'accostò a lato Domandollo onde fosse, e quei rispuose: Io fui del regno di Navarra nato