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Che ne vòi fare? LUZIO. Ditegli se vol venir alla scola. CECA. , . Aspetta. LUZIO. Cosí farò. Oh! cagna! come l'è fresco, stamattina! Alla , ch'io mi sono levato troppo a buon'ora. E me sono scordato de fare collazione, ch'è peggio: benché madonna me ha dato un quatrino ché me ne cómpari una ciambella. MINIO. Oh! bon , Luzio. LUZIO. Buon e buon anno. Vòi venire? MINIO. , voglio.

Chiama un po', de grazia, quel cotale. CECA. Che cotale? Perché non parli? MALFATTO. Vorria che tu me chiamassi quello che mena. CECA. Tu devi esser imbriacco. MALFATTO. Per questa croce, che non ho ancora beuto. Odi, odi; non te spartire. Oh cancaro! S'io torno al mastro e dico che non me hanno voluto aprire, me dará delle staffilate. Io so che voglio bussare. Tic, toc, tac.

E leviamoci di questa strada presto, acciò non c'intopassimo in lui: ch'io non vo' che sappia ch'io sia in Roma insino a tanto ch'io non l'ho in luogo ove che non mi possa fuggire. RITA. Voltate di qua, se vi piace, ché l'è piú corta. MALFATTO servo, CECA serva.

Ed holli raccusato lo patrone che fa l'innamorato con una qua a basso. Cancaro! Ecco, alla , quella che dice che me vole per marito. Alla , la voglio aspettare. CECA. Io ho trovato a punto el servo di Curzio e hogli fatto l'imbasciata. M'ha ditto ch'in casa di Filippa mi render

CECA. Chi è la giú? RUFINO. Sono el fratello della Ceca vostra. CECA. Chi sei? Antonio? RUFINO. Madonna . CECA. Tu sia el ben venuto. Aspetta, ch'io ti vengo a oprire. RUFINO. Zi! Patrone, acostatevi. CURZIO. O Dio, aiutame. RUFINO. Acostatevi piú alla porta. CURZIO. Che te hanno detto? RUFINO. Adesso vengono a oprire. CECA. Entrate, olá! Non fate rumore.

Volete beverare de qua con noi, che iersera remissemo una cantina d'aqua fresca? Non respondete? Vostro danno! RITA. Costui, certo, deve essere qualche pazzo. Diavolo che costoro mi respondino! Tic. MALFATTO. M'aricomando, sapete? E' son vostro. E recomandateme alla Ceca. RITA. Va', non dubitare. MALFATTO. Me nne sto a voi, vedete. RITA. , in nome de Dio.

Lassala pur stare. RITA. Volete ch'io ripichi? FULVIA. No, no; ché non dicessino pur cosí che noi avemo del fastidioso. CECA. Oh! Madonna, perdonateme se io sono stata troppo a ritornare, ché sono corsa drieto alla carne che si portava la gatta... volsi dire, la gatta si portava la carne. FULVIA. Ben, che dice la tua patrona? CECA. Che, madonna , che venghiate di sopra.

IULIA. Ma non si curi, quel pedante tristo, sciagurato!... CECA. E chi, madonna? el maestro? IULIA. El maestro, . CECA. E per che cosa? IULIA. Come per che cosa? El mando alla scola perché gl'impari le vertú, e quello mel fa un ribaldo!

Molto doveva talentare eziandio al tiranno la obbedienza ceca e passiva, che i primi cristiani ostentavano per le autorit

Io ho robbato un pezzo de legno in casa per scaldarme, adesso che fa freddo. E sai che lo mastro vole che oggi incominci li latini per li passivi e poi me vole leggere la Boccolica. Ma, alla , poi ch'io sono qua, voglio chiamare Minio e vedere se vole venire con esso meco alla scola: ben che lui non impara se non la santa croce. Tic, toc. CECA. Chi è ? LUZIO. Ècci Minio, in casa? CECA. , è.