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scriveva un mio amico che non credeva più a nulla; e noi che non eravamo guariti e che ancora si credeva a qualche cosa, incominciammo una guerra a palle di neve: guerra che se non ebbe le conseguenze terribili che ebbero le altre di cui facemmo parte, ci riusciva più fastidiosa, quando qualche proiettile veniva a spiaccicarsi sulle nostre faccie.

La notizia del di lei ratto e dell'avvenire d'infamia che le si preparava, fu per lui un colpo terribile; si sentiva ferito, offeso nel profondo del cuore, poichè la persona amata fa parte di noi stessi; le sue gioie, le sue sventure sono gioie e sventure nostre.

Le vostre forze stanno sotto le nostre mura, a un tiro di fucile, disposte come per un assedio. Esse rimangono ostinate, minacciose a quel modo, senza fine dichiarato, senza programma, costringendoci a mantenere la citt

Messer Luca, disse Jacopo di Casentino, quello d'oggi non è un invito in pompa magna. Si faranno quattro chiacchiere tra noi, mentre i nostri ragazzi ne faranno mille tra loro, senza dar retta alle nostre. Ma questi sponsali vogliono essere celebrati con una festa di famiglia, che faremo domenica, se vi piace. Tuccio di Credi avvertir

"La mia generazione ha dovuto subir tutto per fare l'Italia; la nostra vita era consacrata a questa idea: si voleva vincere o morire, e ne valeva la pena, perchè un popolo schiavo non è che un vile branco d'animali. Abbiamo vinto, coll'aiuto di Dio, e malgrado tutte le nostre sciocchezze, ora l'Italia è fatta, e voi fortunati che non avete che a conservarla e farla migliore! Ora non è nei banchi dei ministeri che si far

Tanto era caduta ancor da vent'anni la misera corona, non piú osata cingere da nessuno di que' marchesi italiani, portata fuori ad offrir qua e , e rifiutata da ciascuno per non mettersi in nostre divisioni, nostri odii, nostre invidiuzze, direi quasi nostri pettegolezzi.

Io avevo inventato il famoso cerotto di Sant'Antonio. Nelle nostre campagne chi non conosce adesso il cerotto di Sant'Antonio? I farmacisti delle citt

Dopo pranzo i condottieri dei buoi vengono avanti le nostre tende e ci danno uno spettacolo di danza selvaggia: si dispongono su due file in modo da formare un rettangolo aperto dal lato ove siamo noi, e mentre tutti cantano una cantilena interrotta da battimani e gridi, due o tre eseguiscono la danza inseguendosi nel rettangolo, camminando con strane movenze, saltellando e facendo capriole: dopo qualche minuto, uno si ferma e girando la testa si contorce con movenze muscolari principalmente dei fianchi e delle spalle: parecchi allora gli si fanno d'attorno, e saltellando e strillando gli stendono le braccia sul capo, coprendolo di battimani.

Pur le nostre pupille dovevano incontrarsi per forza. L'antica intuizione dei nostri sguardi era smarrita. Un'altra intuizione, tutta morale, le era subentrata. Quando le freccie dovevano correre lungo il costato, io mi trattenevo dolorosamente dal mirare il cuore palpitante di Ram

Che un giorno noi ci sbarazzeremo delle nostre gallerie d'arte, vendendole ai selvaggi del centro dell'Africa, della Nuova Zelanda, della Papuasia, agli Esquimesi, agli abitatori dei Poli, se ce ne sono.