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Aggiornato: 27 giugno 2025
Ed holli raccusato lo patrone che fa l'innamorato con una qua a basso. Cancaro! Ecco, alla fé, quella che dice che me vole per marito. Alla fé, la voglio aspettare. CECA. Io ho trovato a punto el servo di Curzio e hogli fatto l'imbasciata. M'ha ditto ch'in casa di Filippa mi render
Será buono ch'io mi nasconda insino a tanto che se va con Dio. RUFINO. Oh insperata, oh buona nuova! oh buono incontro! E chi pensato aría mai questo? Oh savio e prudente conseglio di donna! REPETITORE. Io voglio avicinarmegli alquanto. RUFINO. Va' tu e di' poi che le donne han poco cervello! E forsi che 'l patrone non si credeva godere con la figliuola di madonna Iulia?
RUFINO. Fate adunque come vi pare, ch'io, a dirve il vero, ho caro di trovarmi sempre appresso di voi; ch'accadendo, vi possa mostrare l'affezione ch'io vi porto. CURZIO. Io ne sono chiaro pur troppo, Rufino; e, dallo esserti io patrone in poi, tutto el resto è commune fra te e me: e tu lo sai. Ma dimmi, or che me ricordo: porti tu i danari? RUFINO. Signor sí: eccoli.
MALFATTO. Voglio andare in Campo de fiore. CURZIO. Con chi stai tu? MALFATTO. Mò, mò; vedete: volete forsi niente? CURZIO. Oh! Tu me respondi a proposito! MALFATTO. Orsú! Basta. Son vostro serviziale. CURZIO. Costui deve esser matto. E' non sará quello che dico io. Anzi, l'è pur esso. Olá! MALFATTO. Missere, che vòi? CURZIO. Fatti un po' qui, di grazia. Con chi stai tu? chi è el tuo patrone?
Ceca mia, quando me vòi far far un figliolo? CECA. Taci, balordo! E dove trovi tu che gli omini faccino figlioli? MALFATTO. O fallo tu, adunque; e io te cci voglio aiutare. CECA. Ne arei ben voglia. MALFATTO. Che dici? Non sei contenta, Ceca mia bella? CECA. Sí, sí. Dimme un po': el tuo patrone compone piú versi? MALFATTO. Sí. È andato verso qua giú. Poco stará a tornare.
RUFINO. Ecco Trappolino, patrone. CURZIO. Fa' che tu non eschi di casa e, se venissi persona a dimandarmi, fatti lasciare l'imbasciata. Háime inteso? TRAPPOLINO. Signor sí. CURZIO. Vieni con esso meco, Rufino, ch'io voglio ch'andiamo a vedere se potessimo trovare qualche danaio in presto da chi sia. RUFINO. Io dubito che noi perderemo i passi, se andamo a speranza de altri. CURZIO. Come! Perché?
CECA. E perché? chi è? RITA. Non vedete ch'ell'è Curzio, el mio patrone? CECA. Dite el vero. Leviamoci presto de qui. CURZIO. Quanta gioia, quanto piacere io sento, pietoso Amore, nol posso dire: ché, di me non obliandoti, nel mezzo di cotante miserie, di me sei stato ricordevole; di sorte che la mia donna, mossa a pietá, con darmi speranza di futuro bene, adolcisce l'amare mie angosce.
I' t'aggio ditto nun ne parlammo cchiú!?... Ma che buo'? Io che voglio? Mme pare c' 'o patrone cca' dinto avarria essere io! E lloco te sbaglie! Pecché, fusse tu? E chi 'o ssape? Ah neh? Haie raggione! Tu trase int' 'a casa mia... Ch' 'e mòbbele mieie, c' 'o lietto d' 'o mio, c' 'a biancaria mia, pavanno io 'o pesone e mettennote 'o riesto int' 'a sacca a te! Aize, vattenne!
CURZIO amante, MALFATTO servo, TRAPPOLINO regazzo. CURZIO. Da ch'io mi levai per insino a quest'ora sono stato ad aspettar el patrone del banco ove mi sogliono venire i dinari da casa; né, possendo piú aspettarlo, punto dalla cieca passione, in qua ne son venuto. Ho lasciato Rufino che gli parli e che poi se ne vada sino a casa de Filippa.
Oimè! ch'io ne so tante de queste cose e ne cognosco tanti di questi tali, per quel poco ch'io ci sono stata in questa terra, ch'io potrei, mentre che vo per la strada, aditargli e mostrar cosí: Ello n'è l'uno; ed ella l'altro, colá. E chi piú di questo sciagurato del mio patrone meritaria che la moglie gli facessi vergogna?
Parola Del Giorno
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