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Aggiornato: 19 maggio 2025
E, per questo, i' sono sforzato d'impegnarmi e gli amici e quanti cognosco per compir alla promessa della dote ch'io gli ho fatto; insino a tanto che l'infelice mia consorte mi mandi qualche danaio da casa. Cosí mi levarò pur di sospetto di quel pedantaccio ignorante: ché non mi maraviglio se non di chi gli crede a tali uomini che sono piú tosto l'infamia del mondo che no.
E, il piú delle fiate, loro stessi dei vitupèri ed errori delle mogli ne sono cagione: per ciò che, o per la ingordigia del danaio o degli uffici o per empirse el ventre e andar ben vestiti, gli menono in casa gli amici e fan poi vista di non lo sapere; e, come poi hanno piene le borse e che sono richi e che pensono salir a qualche grado, per parer valenti e che stimino l'onore, le uccidono, che sieno uccisi loro!
E dicoti che, se io avessi meglio el modo che non ho, che non mi pensarei mai di spendere el mio danaio bene se non quando io lo dessi a qualche donna: ché certamente le sono l'onor del mondo per le quali l'uomo, argumentando, a perfetta cognizione delle bellezze del cielo suol venire.
RUFINO. Ecco Trappolino, patrone. CURZIO. Fa' che tu non eschi di casa e, se venissi persona a dimandarmi, fatti lasciare l'imbasciata. Háime inteso? TRAPPOLINO. Signor sí. CURZIO. Vieni con esso meco, Rufino, ch'io voglio ch'andiamo a vedere se potessimo trovare qualche danaio in presto da chi sia. RUFINO. Io dubito che noi perderemo i passi, se andamo a speranza de altri. CURZIO. Come! Perché?
E, dovendo seguir perpetua quiete nel general maneggio del danaio, perciò risulterá lode ed onore a tutti quelli che si serviranno dei veri e giusti dogmati proposti; che cagione saran che le monete medaglie resteran perpetuamente. Ora preghi ciascuno per l'autore che Giesú pio gli doni il paradiso. Digressione sopra il capitolo duodecimo dell'«Alitinonfo» di GASPARE SCARUFFI
RUFINO. Io me ne sono maravigliato, ché sogliano questi mercanti essere sufistichi, schizzinosi, ch'a pena si fidono di loro stessi nel conto del danaio. CURZIO. Acceleramo i passi; andiamone in casa, acciò ch'io me possa mettere in ordine per ritrovarmi stanotte con la mia Livia. RUFINO. Eh! patrone, perdonatemi. Se voi ve fossete guidato per mio conseglio, buon per voi! CURZIO. Come!
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