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Direi che ella è una donna superiore a tutte le altre, o, per rubare una sua magnifica frase al divino Petrarca, «colei che sola a me par donnaNo, signor Fenoglio, non lo direste, o, dicendolo, non lo pensereste. Se questa donna non conosce ancora quest'uomo.... Ma neppure io, o signora, conoscevo voi, e tuttavia....

Anch'io diss'ella una volta ero sarcastica come te; adesso non lo sono più. Dovette ridere dicendolo, perchè lo era molto spesso ancora; aveva sorrisi fini e parolette brevi ch'entravano nella gente come spilli.

Poi, passata la mentale, se ha tempo, può ripigliare quello che proposto s'aveva di dire; non avendo tenpo non se ne debba curare, venirne a tedio confusione di mente. Cosí debba fare. Guarda giá che non fusse l'offizio divino, el quale i cherici e religiosi sonno tenuti e obligati di dire; e non dicendolo, offendono. Essi debbono infino a la morte dire l'offizio suo.

«Non mi dimentichimi disse. E dicendolo si asciugava gli occhi, volgendosi dall'altra parte. «Se posso ritornare a casa, le assicuro che non mi vedranno più in questi luoghi. L'ho scontata troppo cara per dimenticare la vita del recluso. Poi ho la mamma e la sorella che mi vogliono un bene dell'anima. Lei ha letto l'ultima loro lettera e può dire se hanno del cuore

Essa dunque deve pure ignorare, che cosa voglia dire la parola libertino; e a questo proposito ricordo che in una conversazione, essendosi parlato di un tale, dicendolo libertino; la padroncina di casa interruppe il discorso, domandando a bruciapelo: E che cosa è un libertino?

Non ho i più bei piedi, ma ho i due migliori occhi di Roma. Ed infatti tu hai veduto in me ciò che io non vedo, so. Saresti tu l'ultimo a conoscer te stesso? Non mi farebbe meraviglia. L'uomo, sia detto sui generali, è il meno sagace degli animali. Di' pure il più stupido! Io stavo per l'appunto dicendolo a me stesso, quando tu sei entrato.

Ci riposiamo fino alle due, poi proseguiamo e dopo una leggiera salita ridiscendiamo per seguire il corso di un torrente asciutto e tortuoso che attraversiamo almeno una dozzina di volte. Non abbiamo guide, e nessuno cui domandar consiglio quando ci troviamo ad una biforcazione della vallata; seguitiamo quindi dove ci pare più ragionevole dover essere la nostra direzione, ma il dubbio ci accompagna dello sbagliar strada. Passa un'ora, ne passano due e più, il cammino si fa sempre più cattivo e a cento doppii aumenta ad ogni passo il timore d'essere su falsa strada; la vallata ci appare chiusa e davanti ci sta un'ertissima salita che è pur forza superare, e a divagarci abbiamo parecchi incontri di grossissime scimmie. Dal colmo dell'altura si stende dietro noi un estesissimo panorama di tutto il territorio che attraversammo da Adua in qua; un vero ammasso di coni e di avvallamenti, perfettamente l'effetto di una carta geografica in rilievo. A sud la catena imponente del Semien che si protende verso ovest, dove ci sta dinanzi la parete quasi verticale del monte di Wogara che dovremo oltrepassare, e del quale ci fecero pitture così nere, dicendolo tanto erto che le mule cariche non lo possono salire, ed è forza farvi trasportare il bagaglio a dorso d'uomo. Discendiamo di pochi metri in un altipiano in gran parte coltivato, sparso di acacie e di enormi gruppi di gelsomini affratellati alle rose, e in fondo al quale sorge un'altura la cui vetta è coronata da piante e sul cui versante, a diversi gruppi è sparso un villaggio. presso è piantata la nostra tenda che vediamo con somma gioia, perchè il sole volge al tramonto, e sempre abbiamo compagna l'ansia dell'esser fuori strada. Il villaggio è detto Dibbi-bahar, a 2200 metri. La posizione è bella, il pascolo abbondante, e ciò ci rallegra, perchè prevediamo che domani si dovr

Quando ebbe finito di fumare il suo sigaro, egli disse: Spero che non avrete lasciato del valori in camera vostra. Non sarebbero sicuri. No, no, disse Nancy. Li avete dati al bureau? No, disse lei. No. E dicendolo, ricordò di avergli scritto che portava dei gioielli su tutta la persona. Una vampa di rossore le salì di nuovo al viso. Egli non alzò gli occhi.

Il signor Galli, l'avventore domenicale del Trenk, il grave procuratore della banca Kloss, subiva fortemente il fascino della "gran signora" il fascino di quel lusso elegante, squisito, il fascino di quella bellezza, che per un senso intimo, arcano di pudore, egli non aveva mai osato di constatare seco stesso, limitandosi a dire: Dolce, affabile, buona..., ma non mai bella: dicendolo avrebbe arrossito.

Avvelenato sei, povero verme: lo prova questa tua visita. Avete l'aspetto stanco. O nobile signora, non è vero: per me siete un mattino fresco anche quando è notte. Ma vi prego, ditemi il nome vostro ch'io lo possa pronunziar nelle mie preci. Miranda. O padre mio, dicendolo, ai comandi vostri ho disobbedito ora. O ammirata Miranda, o vetta d'ammirazione degna di quanto è più caro nel mondo!