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Prima che questa finisca, PROSPERO si alza in piedi di un tratto e parla loro. Dopo le sue parole essi vaniscono in cielo con uno strano, basso e confuso rumore. da . Avevo obliato l'ignobile congiura del bruto Calibano e dei compagni suoi contro la mia vita. È quasi giunto il tempo stabilito al loro inganno. Rivolgendosi agli spiriti. Bene, o spiriti, andate ora, non più. a Miranda.

D'innanzi alla grotta di Prospero. Entrano PROSPERO, FERDINANDO e MIRANDA. Se vi punii con troppo aspro vigore quel che ne aveste in premio vi compensa, perchè vi ho dato qui della mia vita gran parte o almeno quello per cui vivo. Anche una volta alle tue man l'affido. Tutti i tormenti che subisti, io stesso in prova dell'amor tuo te li feci subire e tu mirabilmente hai dato degna risposta.

Ma in che modo tutto ciò vive nel pensiero tuo? E cosa vedi ancora entro l'oscuro baratro e nell'abisso alto del tempo? Se tu ricordi cose antecedenti al tuo giungere qui, puoi ricordare come qui tu giungesti. No, non posso. Sono oramai trascorsi dodici anni, dodici anni, Miranda! Era tuo padre il duca di Milano e assai potente principe. O signor mio, non siete dunque mio padre?

Tu sei presa dal sonno: è una propizia stanchezza a cui tu cederai. D'altronde so ben che non hai scelta. MIRANDA si addormenta. Vieni, o servo mio, vieni! Io sono pronto. Fatti dunque vicino, o mio Ariel. Vieni! Salute o possente maestro, o gran signore salute! Io venni qui per obbedire ad ogni tuo comando: per volare, per nuotar, per piombare in mezzo al fuoco o galoppar sulle chiomanti nubi.

Avvicinandosi a Miranda, la strada s'inoltra in una contrada montagnosa, varia, pittoresca; dove da qualunque parte si volga lo sguardo, non si vedon che roccie grigiastre, a perdita d'occhio, che rendon l'immagine d'un mare petrificato nell'atto della tempesta.

Si apre la grotta e lascia vedere Ferdinando e Miranda che giocano a scacchi. O mio dolce signor, giuocate ingannandomi. No, mio caro amore: non lo farei pe'l mondo intero. : ma venti regni mi disputereste ch'io pur direi che il vostro giuoco è buono. Se un'altra visione è questa della Isola, ben due volte un caro figlio ho perduto! Un miracolo supremo!

Io non suppongo che tu lo possa però che compiuti non avevi tre anni. E pur lo posso, o signore. Ma cosa? Una dimora diversa? Altre persone? Dimmi quale immagine il ricordo tuo rattiene. È così lunge! Ed è quel mio ricordo più come un sogno che una cosa vera. Ma, dite, non avevo allora cinque o sei donne d'intorno a me? Ne avevi anche di più, Miranda.

Si ode suono di campane. Din-don le campane le sento Din-don le campane! Di nuovo il suono di campane. Quel canto di mio padre annegato racconta. Non è cosa mortale e non è suono che alla terra appartenga. Or lo sento sopra me! a Miranda. Le infrangiate cortine dei tuoi occhi solleva e dimmi quel che vedi. È mai uno spirito? Come egli si guarda tutto intorno!

ALONZO, Re di Napoli. SEBASTIANO, suo fratello. PROSPERO, Duca legittimo di Milano. ANTONIO, suo fratello, usurpatore del Ducato di Milano. FERDINANDO, figlio del Re di Napoli. GONZALO, vecchio e onesto consigliere del Re di Napoli. CALIBANO, schiavo deforme e selvaggio. TRINCULO, buffone. STEFANO, servo ubriacone. Padrone della nave, Quartiermastro, Marinari. MIRANDA, figlia di Prospero.

Per un suo tristo comando gli debbo accatastar mille di questi ceppi e la mia dolce signora piange quando mi vegga lavorare e dice che mai lavor vile ebbe un cotale lavoratore. Ecco io mi scordo e pure questi dolci pensier fanno più lieve il lavor mio, che quanto più penso tanto meno fatico. Entra MIRANDA e in fondo PROSPERO.