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È un colosso di bronzo. Ma questo colosso ha un piede di creta. Ed io voglio nel mio primo articolo, anche per cominciare senza troppo tedio, picchiare su questo piede di creta. Apri con me, amico lettore, una delle piú grandi creazioni del genio ellenico: l'Agamennone d'Eschilo.

Questa è stata la mia prima visione del mondo shekspiriano e se più tardi ho cercato altre cose nei suoi volumi e ho trovato altre emozioni fra i suoi eroi, nessuna certo è stata così pura e così spontanea come quella di un amore infantile, nato nel tedio delle ore di studio, dentro una grande villa toscana sui colli di Signa, arsi dall'estate.

Lentamente l'Ercolano si riaddossò ai cuscini e vi affondò il capo. Sulla sua pallida faccia passò un'ombra di tedio e di stanchezza. Dunque si resta intese disse la suora Domani non si va via. E le porterò le ciliege, domani. La rossa aveva chiuso gli occhi. Pareva assopita. La suora si chinò sopra di lei e le mormorò: Arrivederci, non è vero? Arrivederci... balbettò la convalescente.

Nel quale si narra di un ballo a Corte e di quello che ne seguì. Quando il tedio s'impadronisce di noi, il miglior rimedio è quello di portarcelo insieme a viaggiare, e quanto più lontano si può, colla speranza che svapori per istrada, o un doganiere ce lo sequestri al confine. E dico colla speranza, perchè veramente il miglior rimedio non è sempre il più sicuro, e in molti casi non giova.

Essendo poi perfecto, séguita piú perfecto e maggiore amore nella creatura generale, e nel particulare mezzo posto dalla mia bontá, che ho proveduto a farla spronare con odio di e amore delle virtú in questa vita della perregrinazione, pure che ella non sia ignorante a recarsi, nel tempo delle pene, a confusione e tedio di mente, a tristizia di cuore e senza exercizio.

«Hai fatto male; te l'ho pur detto che io sarei ritornato a mattina; ma io mi sento addosso un tedio mortale, e muoio di sonno.» «Ebbene va a dormire.» «Alla campana di mezzodì verrai a svegliarmi.» «Va benissimo.» «Ora hai da sapere....» «Che cosa?» «Che stasera... o tutt'al più domani mattina ho a tornare a Milano.» «A Milano

Tu sai che sola, tu me apristi il petto Et sola sei, che me poi dar rimedio, Tu sola fusti che nei lacci stretto M'hai col bel viso e avolto in dolce tedio Tu sola fusti che per tuo dilletto: Ponesti il cor mie tristo in grave assedio: Tu sola sei che col bel sguardo accorto Mi puoi far tornar vivo, essendo morto.

Ascoltate i miei giovani: diceva a voce alta il buon veterano, che in quella lieta giornata sentivasi, dopo il tedio di tanti mesi, ringalluzzare: Vedete! se tutti quelli che sono qui avessero capo e cuore, come voi due che, per dirla com'è, tenete un po' a quel ch'eravamo noi, vostro padre, o Damiano, ed io a' nostri bei tempi... oh! allora si potrebbe far qualcosa di meglio che non vuotar fiaschi, o cantar vespero, in onore e gloria del santo dal buon viaggio!

E non finiva d'ammirarmi per quella grande impresa d'essere stato ad aspettarla in casa sua. Sotto l'impressione del tedio e del disinganno che le avevano procurato le fredde circospezioni del suo fidanzato, non vedeva nulla di più bello che un po' di audacia. A' suoi occhi era un eroismo quella sfida lanciata alla societ

La contessa Matilde non istette molto a pensare, e fattasi raccontare ogni cosa a puntino dagli amici del Nelli e del Pietrasanta, formò nella mente il più audace disegno che donna concepisse mai per vincere il tedio della vita. Il giorno dopo, una letterina profumata era gi