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Nessuna bellezza del mondo, nessun rumore del secolo entrava in quella pia solitudine; nulla fuorchè il vasto cantare del vento, che scendeva dalle azzurre cime de’ Pirenei; le Gave de Pau, che faceva un gomito burrascoso a piè della collina, ove più tardi sorgerebbero le tre Basiliche; e boschi e silenzio; una religiosa povert

La conduceva per mano Fräulein Müller, che aveva un graffio sulla guancia. Nancy fu pregata di cantare: «Schlaf, Kindchen, schlaf, da draussen steht ein Schaf»; ed essa lo fece con molta mala grazia e con poca voce.

Guglielmo stava cheto a contare i passi della fidanzata su per la scala, la sentiva entrare in camera, andare e venire via per il tavolato sonoro con quei cento rigiri che fanno le donne prima di coricarsi, gli passavano davanti agli occhi delle visioni piene di rapimenti, immaginava mille cose, seguiva colla mente tutti gli atti della bellissima persona. Qualche volta usciva di casa e stava cogli occhi fissi sulla finestra illuminata di Teresa, e gli sguardi erano così intensi che pareva dovessero forare i vetri e penetrare nella camera. Spenti il lume ed i rumori, Guglielmo tornava all’officina, vi accendeva una grossa lampada a petrolio appesa al soffitto, empiva la stufa e poi via per delle ore. Che bella luce dava quella lampada per tutta l’officina! Di fuori la neve in faccia alla finestra ne era illuminata per lunghissima tratta; pareva un fiume d’argento fuso che corresse fra sponde fredde e desolate; ma Guglielmo non guardava di fuori; solo nel gran sonno invernale e notturno stava curvo sul banco, maneggiava le assi come fuscelli, le fissava al granchio con una spinta da catapulta, e poi piallando ne faceva uscire dei trucioli eguali, spirali, crespi, che si ficcavano su per la buca della pialla e fioccavano a terra silenziosi e vi si ammonticchiavano. Ah! non cantava più allora, non cantava più, aveva ben altro che fare, e poi a udirlo cantare Teresa avrebbe potuto credere ch’egli volesse farsi sentire, ed al solo pensarci arrossiva come un fanciullo. Era sicuro che Teresa seguiva sveglia il suo lavoro; sapeva che ogni martellata rispondeva nel cuore dell’amante, ma voleva che le giungesse il solo rumore dell’opera; l’opera sola era necessaria e premeva, l’opera costruiva l’edifizio della loro felicit

Poi prese a cantare una nenia tedesca dolce dolce con che addormiva la sua Lena piccina: Guten Abend, gut’ Nacht, ecc. Quella nenia gli giungeva all’orecchio come se un’altra persona l’andasse cantando ed egli ne accompagnava la cadenza col passo e col dimenare del capo.

Sommessamente, curva su di lui, sfiorandone la chioma e la guancia con lieve mano di sorella, in una malinconica tenerezza, Nicla intonò: Io vo' da questa rupe erma cantare, Te fra le braccia avendo e via lontano Calar vedendo l'agne bianche al mare Sicilïano.

È un po' dura, ve', Flora, ma è così... E vinta anche questa amarezza, continuò, con una voce più rinvigorita: Dunque ho pensato di farmi portare a Brentana. Fin laggiù? Per me ormai laggiù o quassù è lo stesso. Laggiù sentirò a cantare le rane. In quella tristezza? qui c'è chi ti vuol bene.

Ella aveva compreso assai meglio di me il pericolo in cui ci eravamo trovati; e intanto, per non farmi perdere coraggio col mostrarsi atterrita, si era messa a cantare, stando ferma al suo posto. Mi sentivo morire dallo spavento di annegare! Come abbia avuto quella forza non lo so neppur io.... Ti volevo tanto bene in quel punto! E dopo, ora? dissi abbracciandola e coprendola di baci.

Siamo però giusti verso i Romani; essi non poterono mai cantare e celebrare le loro ruine, perchè non fu mai loro permesso di rimpiangerle e di giudicare il presente dagli avanzi del passato. Essi, insomma, non poterono utilizzare il loro abito poetico.

LIMERNO. Merlino mio, questa tua foggia di cantare non si domanda «cantare», ma un abbagliare, un muggire, un tonare su per le ripe del Pado. MERLINO. Sonano li pifari su per li argini del Pado. LIMERNO. E raggiano, come dice il mantoano, li asini. MERLINO. Tu vòi dunque dire che in questa mia chiusura fra tanti asini io canto? LIMERNO. Ed anco peggio ti direi, s'io sapessi.

E tornava a cantare per acchetarlo. Pap