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Aggiornato: 18 maggio 2025


La mano destra fa da Giuda alla sinistra... e di te, Marzio,... di te da gran tempo sospetto... badati... chè i miei sospetti si traducono in punte di ferro... Appena questa parola era volata, il Conte conobbe quanto incautamente l'avesse profferita; si morse le labbra per castigarle di averla lasciata fuggire, e ingegnandosi subito di ripararne gli effetti, con voce più mite soggiunse: Marzio, tu da un pezzo in qua mi riesci meno diligente a servirmi: io non ti tengo: quantunque se tu mi venissi a mancare mi parrebbe far senza una mano, pure amo meglio perderti, che provarti servo poco attento e poco fedele.

era affatto vero, che Marzio avesse profferita la villana ingiuria contro Olimpio; tutt'altro: egli lo aveva con molta benevolenza chiarito come da più giorni fossero terminati i mille zecchini di parte sua, e come, parendogli urgente di levarsi entrambi dal regno, non poteva consentire ch'ei si lasciasse rubare per bische, o spendesse per taverne anche la moneta necessaria al viaggio; ma Olimpio mentiva scientemente, e fingeva un torto per farsi ragione: caso frequentissimo a succedere tra genti malvage; e, quello che sembra più strano, elleno stesse talora col credere alla propria bugìa arrovellano se non vengono satisfatte per ingiuria, che non hanno mai ricevuta.

Quest'atteggiamento, questa sola parola profferita di accento pietosamente solenne e profondo, tutto rivelano a Guiberto. E leggendo altresì negli occhi di Alberada l'ansia paurosa che la divorava, e nel sembiante abbattuto di Boemondo, vergognoso dell'onta del padre suo, tutta l'urgenza, tutta l'estensione della cosa, alza il pugno armato della manopola di ferro onde percuotere l'abate sul calvo capo. Poi tutto ad un tratto rist

Profferita questa breve orazione, gli si restrinsero attorno; e quando venne il destro, ad un cenno si lanciarono tutti gridando: «Mongioia! MongioiaCome il destino volle, quantunque non si fossero al pari di Carlo alleggeriti, pervennero a salvamento sopra il legno avversario.

Domine non sum dignusTuttavia il Mastai nella guisa, che ogni prete dabbene dopo avere per tre volte detto: Domine non sum dignus, si mastica bravamente il Redentore, profferita appena la propria debolezza montò ardito, e franco nella barca di San Pietro, ed agguantato il timone si commise in mezzo al mare tempestoso.

Poco dopo, salì nella vettura, e appena i cavalli ripresero il corso, cominciò a raccontarci la sua istoria: Era un antico carbonaro, il quale avea passati quindici anni nella fortezza di Civitacastellana, per espiare il delitto di aver appartenuto alla setta. I preti lo avevano crudelmente perseguitato fin da fanciullo, e la condanna profferita contro lui nel tenebroso Consiglio della Inquisizione, e la immeritata, lunga, angosciosa prigionia aveano maturato in quell'anima di ferro un odio profondo e un indomabile desiderio di vendetta. Uscito dalla fortezza, in seguito all'amnistia del costituzionale Pio IX, era tornato a Camerino per rivedere la famiglia una moglie, e due figlie, di cui non avea più udito parlare. Il povero carbonaro, mettendo piede nel paese nativo, seppe che la sua vedovanza datava da parecchi anni. La moglie era ita a Roma per supplicare la clemenza di Gregoriaccio a pro della famiglia infelice. E frattanto un cardinale del paese, che l'avea consigliata a quel passo, si era fatto pagare la mediazione dalle due figlie, in moneta molto abusiva. La povera madre, riportò da Roma la terribile convinzione che i preti, quanto facili ad accordare indulgenza ai morti mediante retribuzione di pochi baiocchi, altrettanto rigidi e crudeli rifiutano il perdono ai vivi, quand'anche per essi interceda un sentimento di umanit

L'inverno si mostrava rigido, copiose cadevano le nevi, gonfiavano i fiumi, imperversavano i venti. Ma che perciò? La tensione del pensiero ogni altro bisogno o debolezza in Gregorio attutiva. Fiso della mente nel sublime momento in che avrebbe profferita la sentenza del suo nemico, e' valicava tempo, perversit

Una notte, in un'occasione come la presente, mentre il fanciullo se ne stava presso al Lautrec, ed uno degli ufficiali che trovavasi nella sala con lui, venne profferita, nel fumo dell'ebbrezza, una oscena parola che poteva offendere l'innocenza del fanciullo. È impossibile il dare un'idea del furore, onde il Lautrec, a quella parola, fa trasportato; furore che non dileguò senza un terribile effetto, ed il dopo sei palle di piombo avevan fracassata la testa dell'incauto e sciagurato ufficiale. Fu inaudito rigore, fu ingiustizia che provocò l'ammutinamento in tutte le truppe; ma l'irremovibile e ferrea volont

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