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Aggiornato: 6 maggio 2025
Venga ora che ci siamo noi a raccontarci di quel tempo, sar
«Lo tiene una francese chiacchierona e fastidiosa, la quale io temo ci debba dare molto fastidio; non c’è verso di tenerla fuori le nostre camere, e non viene mai senza raccontarci che il principe tale e il duca tal altro furono sommamente lieti di stare da lei. Ci è facile capire che tutti quanti dovessero essere cotti di lei; la quale perciò pare si abbia a male che non lo siamo anche noi.
I tedeschi chiamati in Italia non furono moltissimi: l'Italia non è la Turchia, non è la Grecia, non è nemmeno l'America; e il piú elementare sentimento estetico rendeva insopportabile un professore che veniva a raccontarci i fasti di Roma, balbettando e deturpando la lingua di Dante. Non furono moltissimi, ma non furono nemmeno tanto pochi. Per rimanere solamente nel campo degli studî letterarî, ci fu un tempo in cui lo straniero che fosse venuto nella dolce Italia a studiare antichit
Dopo pranzo la Veronica venne a raccontarci come la cosa più naturale del mondo, che i nostri vicini erano partiti per la campagna. I conti di Brisnago lasciavano Milano ogni primavera, e non ritornavano che alla fine d'autunno. Io non ne sapeva nulla.
Vedete mio marito; disse dopo qualche minuto la contessa Elena. È capace di dormire. Non dormo; riprese Gino; ascolto ciò che dite voi altri. Ecco, se dovessi dire, non ne hai proprio l'aria; osservò Emilio Landi, mettendosi galantemente dalla parte della signora. Se almeno tu volessi raccontarci le visite che hai fatte! ripigliò la contessa. Mi avrai veduto; rispose Gino. Sono stato da mamma....
Parliamo pochissimo, ma c'intendiamo sempre. Una sera, la pigionale del secondo piano venne a raccontarci il fatto d'un giovinetto discolo che sedotto da perfidi amici, aveva lasciato la casa paterna e, come Guido, se n'era fuggito lontano lontano, al di l
Poco dopo, salì nella vettura, e appena i cavalli ripresero il corso, cominciò a raccontarci la sua istoria: Era un antico carbonaro, il quale avea passati quindici anni nella fortezza di Civitacastellana, per espiare il delitto di aver appartenuto alla setta. I preti lo avevano crudelmente perseguitato fin da fanciullo, e la condanna profferita contro lui nel tenebroso Consiglio della Inquisizione, e la immeritata, lunga, angosciosa prigionia aveano maturato in quell'anima di ferro un odio profondo e un indomabile desiderio di vendetta. Uscito dalla fortezza, in seguito all'amnistia del costituzionale Pio IX, era tornato a Camerino per rivedere la famiglia una moglie, e due figlie, di cui non avea più udito parlare. Il povero carbonaro, mettendo piede nel paese nativo, seppe che la sua vedovanza datava da parecchi anni. La moglie era ita a Roma per supplicare la clemenza di Gregoriaccio a pro della famiglia infelice. E frattanto un cardinale del paese, che l'avea consigliata a quel passo, si era fatto pagare la mediazione dalle due figlie, in moneta molto abusiva. La povera madre, riportò da Roma la terribile convinzione che i preti, quanto facili ad accordare indulgenza ai morti mediante retribuzione di pochi baiocchi, altrettanto rigidi e crudeli rifiutano il perdono ai vivi, quand'anche per essi interceda un sentimento di umanit
Si faceva tardi; mettemmo i cavalli al galoppo. A qualche miglia da Sulzena passammo innanzi ai carabinieri che menavano il Beppe. Lo chiamai per nome. Non intese. Camminava colle braccia ammanettate in croce sul petto, colla testa china, col fare stralunato di un uomo che ha l'animo fuori di questo mondo. Il dottore era tanto impaziente di raccontarci la sua storia quanto noi di ascoltarla.
E anche della gita, seguitò Maurizio, prendendo la bottiglia dalle mani di Nicla e mescendosene un altro bicchierino, che tua madre ha permesso, potresti raccontarci qualche cosa. Mi sembra, confermò la signora Carlotta, allungando la mano per riprender la bottiglia e piantarla sulla tavola, sotto il naso, con un'occhiataccia a suo marito, mi sembra che un poco di confidenza ci vorrebbe!
E non soltanto il villaggetto ridotto da barbaro civile; ma il vero romanzo, ma la tragica azione era appunto quello svolgersi di vicende, di lotte, di dolori, di resistenze, di prostrazioni che, come ho detto, i tre personaggi Romolo Pieri e i figli Mauro e Annunziata debbono raccontarci di scorcio, meno efficacemente, senza dubbio, di come ce l'avrebbe raccontato l'autore. E stavo per dire, di come si sarebbe raccontato da sè nell'orditura organica dell'azione, se il Corradini non si fosse lasciato sedurre dalla sua idea di narrare frammentariamente, con scompartimenti che vorrebbero apparir effetto di un processo più libero e più bizzarro di quello usato da tanti altri, ma che invece irrita e distrae; per ragione anche di un pregio di plasticit
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