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Aggiornato: 2 maggio 2025
Nostro primo pensiero fu di recarci da un certo individuo, che ci doveva dare il mezzo sicuro, perché si potesse muovere senza disturbi alla volta di Francia. Ci aveva dato una lettera di raccomandazione per questo genio benefico, Andrea Pieri, uno dei nostri buoni amici Fiorentini, giovane egregio e provato patriotta, di cui la democrazia piange a lacrime amare la perdita.
Il Mascheroni prima di morire scriveva al Serbelloni: "Vi prego dire a Buonaparte ch'egli è in cima di tutti i miei pensieri," e gli dedicò la Geometria del Compasso. "Egidio Patroni, perugino (scrive il Cantù nella Cronistoria), oltre altri componimenti, fece la Napoleonide, collezione di cento Odi, ciascuna preceduta da una medaglia incisa, celebranti i fasti dell'Eroe." Tra i lodatori del Buonaparte, il Cantù ricorda ancora Quirico Viviani, Giulio Perticari, Carlo Porta, Saverio Bettinelli, Paolo Costa, Cesare Arici, Felice Romani, Davide Bertolotti, Mario Pieri che d'aver lodato si pentì troppo tardi, Angelo Mazza. "Il divinizzare Napoleone (scrive ancora il Cantù) fu un luogo comune dei nostri retori. Nell'Universit
La coincidenza che protagonisti dei due romanzi siano due socialisti, uno più teorico che pratico Paolo Desilva di Ave l'altro così invasato dalle sue teoriche, da quasi non scorgere le rovine che la inconsiderata attuazione di esse produce attorno a sè, specialmente nella sua famiglia Romolo Pieri di Santamaura; l'altra coincidenza che i due scrittori abbiano un uguale culto per la bellezza dello stile e la purezza della lingua, e che l'uno, il Corradini, possieda quel che di vibrante, di caldo, d'impetuoso che si vorrebbe vedere, almeno di quando in quando, nell'Albertazzi; mentre poi in questo piace e seduce una trasparenza cristallina, una serenit
E così ha fatto. Invece di un solo gran quadro, ha dipinto cinque quadri Il vecchio umanitario, La madre, Annunziata, Le vittime, Mauro Pieri come gli antichi pittori dal soggetto di una leggenda ricavavano un trittico. E così facendo, e non potendo intanto ammorzare lo istinto artistico dell'organismo, ha tentato con ripieghi, con artifizi abili, sì, ma pur artifizi di correggere il difetto.
Dopo, era uscita fuori La Gioia preannunciando una trilogia, un trittico narrativo, come oggi è di moda; e molte pagine di questo nuovo romanzo raggiavano di lieta luce, sorridevano; e i personaggi di esso, se mostravano ancora qualche rapporto di fratellanza (come no?) con quelli di Santamaura, avevano aria di miglior salute, quantunque meno robusti e anche meno attraenti di quegli altri, dotati di una simpatica rustichezza, di una strana vigorìa di sentimenti che li fissava nella memoria del lettore. In La Gioia mancava infatti una figura da poter stare in confronto col vecchio sognatore umanitario Romolo Pieri a cui il misero villaggio di Santamaura deve la sua trasformazione industriale; e il protagonista Vittorio Rodia che vuole ricercare «soltanto nel proprio spirito il piacere della vita» perchè è convinto che «dallo spirito nasca ogni desiderio e ogni visione di felicit
Perchè mai Enrico Corradini, che ha creato Romolo Pieri, suo figlio Mauro e la brutale campagna socialista di lui; che ha concepito e delineato bravamente la spigliata figura di Natalia, le grottesche sorelle Florimo, la sensibile Concettina Croce (cito a caso e di memoria) nei due romanzi precedenti, qui, in La Verginit
Il vero romanzo sarebbe stato quello che i tre personaggi, Romolo Pieri e i suoi due figli, Mauro e Annunziata debbono, ognuno per proprio conto, ripensare e rimugginare e lumeggiare perchè la loro esistenza, il loro carattere e gli intimi movimenti del loro cuore, del loro intelletto vengano giustificati. Il vero romanzo sarebbe stato quello che i lettori intravedono a sprazzi, a scatti, narrato e non rappresentato, a traverso la immaginazione di quei tre personaggi: Santamaura barbara, misera, incolta, sperduta in quella vallata che l'Arno gonfio e lutulento chiude in un vasto semicerchio, fra rocce, colli, pendii, brevi piani e burroni profondi; Santamaura che non ha industrie, nè scuole, nè ospedale, nè societ
Ben giova ch'io noti come voi, dopo avere raccolto dai cadaveri di ORSINI e di PIERI argomento a un artificio oratorio contro me e contro gli uomini del PARTITO D'AZIONE Italiano, abbiate dalle sciagure, alle quali i vostri volontariamente soggiacquero in Lombardia, tratto argomento, confondendo uomini e date, a calunniare le intenzioni dei repubblicani di Francia.
Che valore ha l'altruismo di Romolo Pieri, se il più immediato dei risultati di esso è la distruzione della famiglia; il dolore e la disperazione seminati attorno; il vizio, la corruzione, l'odio, la morte di coloro che, prima di tutti gli altri, avrebbero dovuto trarne beneficio?
E non soltanto il villaggetto ridotto da barbaro civile; ma il vero romanzo, ma la tragica azione era appunto quello svolgersi di vicende, di lotte, di dolori, di resistenze, di prostrazioni che, come ho detto, i tre personaggi Romolo Pieri e i figli Mauro e Annunziata debbono raccontarci di scorcio, meno efficacemente, senza dubbio, di come ce l'avrebbe raccontato l'autore. E stavo per dire, di come si sarebbe raccontato da sè nell'orditura organica dell'azione, se il Corradini non si fosse lasciato sedurre dalla sua idea di narrare frammentariamente, con scompartimenti che vorrebbero apparir effetto di un processo più libero e più bizzarro di quello usato da tanti altri, ma che invece irrita e distrae; per ragione anche di un pregio di plasticit
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