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Portava la pettinatura del nostro contado, e come tutte le contadine, che quel peso enorme sul capo rende calve prima del tempo, suppliva alla capigliatura mancante con due grosse treccie di cotone, girate intorno ad un cerchietto di filo di ferro coperto di tela; ed in quelle puntava i grossi spilloni di falso argento.

Le aggredisce con delle girate di volante audacissime, che si immensificano nel mio sogno come quelle dei volantisti celesti nel guidare i pianeti alle svolte immense e sfolgoranti della via Lattea. Non ha forse l'ampiezza maestosa della Via Lattea questo letto del Tagliamento che svolge davanti a noi i suoi meandri d'argento vivo, e le ramificazioni cerebrali dei suoi filoni azzurri-verdi?

Voi uscite un mattino d'autunno, con un libro, mettiamo Aleardo Aleardi, nella tasca del carniere, col fucile ad armacollo, col vostro cane che vi saltella innanzi, girate dietro le case, pigliate verso il cimitero vecchio, date un'occhiata a quei poveri morti e a quella croce bianca dove da cinquant'anni dorme una contessina morta.... No, no, non è poesia.

I vostri Arabi, così gentili ricamatori della parete, così scaltri mascheratori dell'arco, derivano dai Bizantini; i vostri Gotici, amici del sesto acuto, che fa risparmiare la fatica delle cèntine sapientemente girate in aria, ingegnosi dissimulatori dei contrafforti e dei puntelli che tengono ritte le loro cattedrali, hanno l'arte di seconda mano dai Lombardi, scaduti e poveri, ma dopo tutto familiari copisti dello stile latino.

Il banco Cardi Salati ha cambiali sue, per centomila lire, pagabili presso il reputatissimo banco Teirasca, come è scritto chiaramente a' piedi delle quattro obbligazioni, girate ad esso da Aloise Montalto. Il banco Cardi Salati sceglie tra i due debitori quello che più gli garba, e gli par più solvibile.

Entrai e mi levai il cappello senza accorgermene: il cuore mi batteva forte e mi correva un leggiero tremito da capo a piedi. Nella prima sala non sono che alcuni grandi quadri di Luca Giordano: passai oltre. Nella seconda cominciai a non esser più io, e in luogo di mettermi a guardar quadro per quadro, rimisi l'esame a poi, e feci il giro del Museo quasi correndo. Nella seconda sala sono i quadri del Goya, l'ultimo grande pittore spagnuolo; nella terza, vasta quant'una piazza, sono i capolavori dei primi maestri. Entrando, vi trovate da un lato le Vergini del Murillo, dall'altro i Santi del Ribera, un po' più oltre i ritratti del Velasquez; in mezzo alla sala, i quadri di Raffaello, di Michelangelo, d'Andrea del Sarto; in fondo il Tiziano, il Tintoretto, Paolo Veronese, il Correggio, il Domenichino, Guido Reni. Tornate indietro, entrate in una gran sala a destra: vedete in fondo altri quadri di Raffaello, a destra e a sinistra il Velasquez, il Tiziano e il Ribera; accanto alla porta il Rubens, Van Dyck, frate Angelico, il Murillo. In un'altra sala la scuola francese: Poussin, Duguet, Lorrain; in due altre vastissime, le pareti coperte di quadri del Breughel, del Téniers, del Jordaens, del Rubens, del Dürer, del Schoen, del Mengs, del Rembrandt, del Bosch; in tre altre non meno vaste, quadri alla rinfusa di Joanes, del Carbajal, dell'Herrera, di Luca Giordano, del Carducci, del Salvator Rosa, del Menendez, del Cano, del Ribera. Girate per un'ora, e non avete visto nulla; per la prim'ora è una battaglia: i capolavori lottano per disputarsi la vostra anima; la Concezione del Murillo copre d'un torrente di luce il Martirio di San Bartolomeo del Ribera; il San Giacomo di Ribera schiaccia il Santo Stefano di Joanes; il Carlo V del Tiziano fulmina il Conte duca Olivares del Velasquez; lo Spasimo di Sicilia di Raffaello ottenebra tutti i quadri che gli fanno corona; gli Ubriaconi del Velasquez sconcertano con un riflesso di gioia baccanalesca i visi dei santi e dei principi vicini; il Rubens atterra il Van Dyck, Paolo Veronese sopraff

Era il ponte una lunghissima tavola, sostenuta da catenoni, la quale si abbassava, precisamente come i levatoi, a mettere in comunicazione la piattaforma del battifredo colle mura nemiche. Calate il ponte! gridavano ancora Gisalberto e Aginaldo, correndo sulle strette scale. Maestro Sega, mettete i contrappesi! comandava Ugo con poderosa voce: Girate le ruote e tendete le corde!

Prima girate gli occhi intorno vagamente, cercando i confini dell'edifizio, che il coro e i pilastri enormi vi nascondono; poi il vostro sguardo si slancia su per le colonne e gli archi altissimi, e riscende risale e ricorre rapidissimamente le infinite linee che s'inseguono, s'incrociano, si rispondono, si perdono, come razzi incrociantisi nello spazio, su per le vôlte grandiose; e il cuore vi gode in quell'affannosa ammirazione, come se tutte quelle linee uscissero dalla vostra mente ispirata nell'atto stesso che le percorrete cogli occhi; e poi vi assale ad un tratto come uno sgomento, una tristezza che il tempo non vi basti a considerare, l'ingegno a comprendere, la memoria a ritenere le innumerevoli maraviglie che da ogni parte travedete, affollate, ammontate, abbarbaglianti, che piuttosto che dalla mano degli uomini, si direbbero uscite, come una seconda creazione, dalla mano di Dio.

E le sue braccia bianche e rotonde impedivano di rimarcare le due girate di grosse perle che le allacciavano i polsi.