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..... Lulù ride sempre. È molto giovane. Non mi rivolge mai una parola sul serio, ed anche quando vuol farlo, non ci riesce e sembra che voglia burlare. Dice di amarmi, poi si mette a ridere e parla di altro. Mi vuol del bene, ma non è un amore disperato. In coscienza, neppure io ci spasimo... meglio così. Per me, ho due teorie chiare, stabilite nella mente: primo, bisogna che i due fidanzati siano dello stesso carattere; secondo, non si deve mai cominciare con una forte passione. Siamo nel caso con Lulù; saremo felicissimi. Andremo a fare un viaggio per l'Italia, ma senza correre, senza affannarci, a piccole giornate, godendo di tutti i comodi, trattenendoci dove più ci piace, osservando anche le più piccole cose. Ci vorranno almeno tre mesi... no, non bastano... mettiamo anche quattro: ho anche piacere di sottrarre me e Lulù, per un certo tempo, alla triste compagnia di Sofia. Ma, domando io, è naturale che alla sua et

Mi son lasciato burlare, offendere e tradire da chi non è buono offendere e tradire una formica. Queste mie braccia e queste mani mi siano tagliate se non me ne vendicherò! se dovessi morire lo aspettarò, il trovarò, il castigherò a mio modo! Ma ecco che se ne vien il furfante di modo se non avesse fatto nulla. VIGNAROLO. La fortuna mi è stata tutto oggi contraria.

PANDOLFO. Canchero! questi sono mali scherzi. E par che sia piú tosto pallido divenuto. CRICCA. Pensa il ladro che se or è trasformato in Guglielmo, che mai piú abbi a divenire vignarolo e farci star in forsi dell'argento ancora. PANDOLFO. Non ha tanta malizia, è un bestiale. CRICCA. Ed i bestiali sogliono essere maliziosi; ma sarei piú bestiale di lui se mi lasciassi burlare da un par suo.

PASQUELLA. Tírate piú in qua in questo canto, ché la padrona non vegga. GIGLIO. Burlatime otra volta o no? PASQUELLA. Ben sai ch'io ti burlo. Son forse avvezza a burlare, eh? Vero, eh? GIGLIO. Hor dezite presto: que es esto? PASQUELLA. Sai? Quando noi parlavamo insieme, Isabella, la mia padrona, era venuta giú pian piano e stava nascosta accanto a me e sentiva ogni cosa.

FULVIA. A che il comprendesti? SAMIA. Mi rispose in modo che mi fe' paura. FULVIA. Forse finse burlare teco. SAMIA. Non m'aría svillaneggiata. FULVIA. Non sapesti forse dire. SAMIA. Meglio non m'imponesti. FULVIA. Era forse accompagnato. SAMIA. Lo tirai da parte. FULVIA. Forse parlasti troppo forte. SAMIA. Quasi all'orecchio. FULVIA. In fin, che ti disse? SAMIA. Mi scacciò da .

Giorgio approvava tutte le considerazioni di Maria, si lasciava burlare a proposito delle sue aspirazioni platonicamente repubblicane, e così, fra una chiacchiera e uno scherzo, quella sera, invece di andarsene alle undici, come era solito, lasciò il palazzo d'Eleda quando la mezzanotte era gi

DON FLAMINIO. In cosa ch'importa non si deve burlare. LECCARDO. Io penso che tu vogli burlar me. DON FLAMINIO. La burla insino adesso l'ho ricevuta in piacere, ma or mi noia. LECCARDO. Lasciarò le burle e dirò da dovero. DON FLAMINIO. Or di', in nome di Dio, e non mi tener piú in bilancia: parla. LECCARDO. Ho tanto corso che non posso parlare: non ho fiato.

Ma comunque la cosa sia di me, fra tutti i miei peccati non vi è quello di burlare un padre santo di Montenero.

Lo ripeto, non c'era da burlare, da far consigli di guerra per pigliare una decisione. Dalla parte ove eravamo entrati, cercar di uscire sarebbe stata pazzia. E che altra via ci restava? Sapevamo tutti che le nostre romane catacombe, hanno sempre vari usci, la via di scampo non poteva trovarsi che , ed anche sta volta non m'ingannai.

non sai tu, sciocco, che, s'io fo prova di me, paleso quel ch'io sono, me stessa offendo, Ruffo perde il credito ed essa scornata resta? Come vuoi che si faccia? FANNIO. Come, ah? LIDIO femina. Come, . FANNIO. Ove omini sono modi sono. LIDIO femina. Ma dove non sono se non donne, come saremo ella ed io, non vi sará giá il modo. FANNIO. Tu sei sul burlare, ? LIDIO femina. Su le berte sei tu.