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SAMIA. A te può dirsi tutto. Vestita da omo, è ita a trovar Lidio. FESSENIO. Oh! Samia, che mi di' tu? SAMIA. Tu hai inteso. Io ho a stare coll'uscio serrato e aprire quando la viene. Vatti con Dio. FESSENIO servo solo.

SAMIA. Che la mi manda a uno che fará fare a Lidio ciò che la vuole. FESSENIO. In che modo? SAMIA. Per via di canti. FESSENIO. Di canti? SAMIA. Messer . FESSENIO. E chi sará questo musico? SAMIA. Che vuoi tu fare di musico? Dico che vo a uno che lo fará amare, se crepasse. FESSENIO. Chi è costui? SAMIA. Ruffo negromante, che fa ciò che vuole. FESSENIO. Come cosí?

Tu sta' discosto; tu piglia. LIDIO femina. Che «piglia»? Balorda! Son io; non lui. SAMIA. Cosí è. Erravo io. Tu hai ragione; tu il torto. Tu va' in pace; tu togli. LIDIO maschio. Che fai tu, bestia? Par che vogli dargli a lui; e sai che son nostri. LIDIO femina. Che «nostri»? Lassali a me. LIDIO maschio. Anzi, a me. LIDIO femina. Che a te? Lidio son io; non tu. LIDIO maschio. Dágli qua.

Per questa strada di qua a Lidio me ne vo; ché in casa forse sará. SAMIA serva, LIDIO femina, LIDIO maschio. SAMIA. Bene è vero che la donna è sopra la pecunia come il sole sopra il ghiaccio; che, del continuo, lo strugge e consuma. Non prima lesse Fulvia la polizza del negromante che la mi dette questa borsa de ducati perché io a Lidio suo li porti. E vedilo a punto .

Non udite? SAMIA. Chi picchia? FESSENIO. Fessenio tuo. Samia, apri. SAMIA. Ora. FESSENIO. Perché non apri? SAMIA. Io mi alzo per metter la chiave nella toppa. FESSENIO. Presto, se vuoi. SAMIA. Non truovo il buco. FESSENIO. Or escine. SAMIA. Eh! eh! eimè! non si può ancora. FESSENIO. Perché? SAMIA. Il buco è pieno. FESSENIO. Soffia nella chiave. SAMIA. Fo meglio. FESSENIO. Che?

SAMIA. A , non bene per la padrona. FESSENIO. Che c'è? SAMIA. La sta fresca. FESSENIO. Che ha? SAMIA. Non mel far dire. FESSENIO. Che? SAMIA. Troppa... FESSENIO. Troppa che? SAMIA. ... rabbia di... FESSENIO. Rabbia di che? SAMIA. ... trastullarsi con Lidio suo. Ha' lo inteso ? FESSENIO. Oh! Questo sapevo io come tu. SAMIA. Tu non sai giá un'altra cosa. FESSENIO. Che?

SAMIA. Te so dir che l'ha ne l'ossa! Dice aver visto Lidio suo dalle finestre e mandami a favellarli. Tirandol da parte, li parlerò. Bona vita, messer. LIDIO femina. Ben venga. SAMIA. Due parole. LIDIO femina. Chi sei tu? SAMIA. Mi domandi chi sono? LIDIO femina. Cerco quel ch'io non so. SAMIA. El saperrai ora. LIDIO femina. Che vuoi?

Vedilo che va in . O Ruffo! o Ruffo! Non odi, Ruffo? RUFFO. Io pur mi volto vedo chi mi chiama. SAMIA. Aspetta! RUFFO. Chi è costei? SAMIA. M'hai fatta tutta sudare. RUFFO. Be', che vuoi? SAMIA. La padrona mia ti prega che or ora tu vadi da lei. RUFFO. Chi è la padrona tua? SAMIA. Fulvia. RUFFO. Donna di Calandro? SAMIA. Quella, . RUFFO. Che vuol da me? SAMIA. Ella tel dirá.

E, dicendomi el nipote che Perillo vuol, doman o l'altro, io la sposi, per conferire la cosa con voi, mia nutrice, e teco, Fannio mio servo, fuora di casa me ne sono venuta; e piena di tanto travaglio quanto io ben sento e voi pensar potete. E non so se... FANNIO. Taci, oimè! taci; a fin che costei, che afflitta verso noi viene, non attinga quel che parliamo. SAMIA serva, LIDIO femina, FANNIO.

FESSENIO. A dirlo a te, non bene. Pure non so. SAMIA. Basta. Noi stiamo fresche! FESSENIO. Addio. SAMIA serva, FULVIA. SAMIA. Ti so dire che la va bene! ché da Lidio dallo spirito porto cosa che buona sia. Questa è la volta che Fulvia si dispera. Vedila che appare su l'uscio. FULVIA. Tu sei stata tanto a tornare! SAMIA. Non ho, prima che or ora, trovato Ruffo. FULVIA. Che dice?