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FANNIO. O Lidio, ecco in verso noi la serva di Fulvia. Nota che ha nome Samia. Rispondeli dolcemente. LIDIO femina. Cosí pensavo. SAMIA. Sei tu piú turbato? LIDIO femina. No, Dio, no. Samia mia, perdonami, ché in altro caso io ero occupato ed ero quasi fuor di me, tal ch'io non so quel che mi ti dissi. Ma dimmi: che è di Fulvia mia? SAMIA. Vuo' lo sapere? LIDIO femina. Non per altro te ne ricerco.

E, dicendomi el nipote che Perillo vuol, doman o l'altro, io la sposi, per conferire la cosa con voi, mia nutrice, e teco, Fannio mio servo, fuora di casa me ne sono venuta; e piena di tanto travaglio quanto io ben sento e voi pensar potete. E non so se... FANNIO. Taci, oimè! taci; a fin che costei, che afflitta verso noi viene, non attinga quel che parliamo. SAMIA serva, LIDIO femina, FANNIO.

RUFFO. Or be', che vuoi fare? LIDIO femina. Ti par cosa da lassare? RUFFO. Eh! eh! eh! L'amico si risente. E ne hai bene ragione, Lidio, ché, per certo, l'è un sole. LIDIO femina. La conosco e so dove sta a punto. FANNIO. Se ne trarrá piacere. RUFFO. Ed utile.

Ruffo, in queste cose assai fraude intendo si fanno ed io, inesperto, facilmente potria esserci gabbato. Ma, fidandomi di te che sei il mezzano, non me ne discosterò allora che delibererò di farlo. Ci penseremo Fannio ed io. Ma dimmi: chi è costei? RUFFO. Una detta Fulvia, ricca, nobile e bella. FANNIO. Oh! oh! oh! La padrona di colei che or ora ti parlò. LIDIO femina. Vero dici. RUFFO. Come!

Oh! oh! oh! amatoria credulitá! Oh! oh! Ecco Lidio e Fannio giá spogliati. RUFFO negromante, LIDIO femina, FANNIO servo. RUFFO. Vorrei che voi fusse ancor vestiti da donne. LIDIO femina. Perché? RUFFO. Per tornare da lei. Ah! ah! FANNIO. Di che cosí sconciamente ridi? RUFFO. Ah! ah! ah! ah! LIDIO femina. Di' : che hai? RUFFO. Ah! ah! ah!

FESSENIO. Maraviglia non è che tu ignorantemente mi dismentichi, se anche smemoratamente te stesso non conosci. FANNIO. Parlali dolcemente. LIDIO femina. Io me stesso non conosco? FESSENIO. Messer... volsi dir, madonna, non. Se tu te riconoscessi, me ancor conosceresti. LIDIO femina. Io ben mi conosco. Chi tu te sia non ritruovo giá.

Ci starai se crepassi, greco taccagno, ché la mi manda al negromante. Ma, se cosí risponde lo spirito, trionfa Fulvia. LIDIO femina. Misera e trista la fortuna di noi donne! E queste cose inanzi mi si parano perché io tanto piú cognosca e pianga il danno del mio esser donna. FANNIO. Io arei pure voluto intendere il tutto da costei; ché nocer non potea. LIDIO femina.

E tornerommene per la strada di dreto perché altri non mi veda, partendo da te, entrare in casa. Addio. LIDIO femina. Addio. LIDIO femina, FANNIO servo, RUFFO negromante. LIDIO femina. Hai tu udito, Fannio? FANNIO. ; e notato quel «come suoli». Certo, per altro sei còlto in iscambio. LIDIO femina. Cosí è vero. FANNIO. Sará bene avvertirne Ruffo che a punto a noi torna.

FESSENIO. Un Lidio da Modon, tanto a te simile che pensai te esser lui. LIDIO femina. Fannio mio, uh! uh! uh! La cosa è chiara. Come è il nome tuo? FESSENIO. Fessenio, al vostro piacere. LIDIO femina. Felici semo: non c'è piú dubbio. Oh Fessenio mio caro! mio caro Fessenio! mio sei tu. FESSENIO. Che tante carezze? No, no. Per tuo mi vorresti, ah?

FANNIO. E' mi aspetta qui presso; e sta tanto bene che non è persona che non lo pigliasse per donna. RUFFO. Oh! oh! quanto mi piace! Fulvia vi aspetta. Va', trova Lidio e da lei ve n'andate. Io de qui intorno non mi partirò, per intendere poi a che fine se arreca la cosa. Oh! oh! oh! Ella è, vedi, giá in su l'uscio. Ben ha presto fatto quanto li dissi. FESSENIO servo, FULVIA.