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FANNIO. Rimanemo che chi prima arrivava l'altro aspettassi. LIDIO femina. Meglio è che Ruffo aspetti noi. Leviamoci di qui, perché colui che è non ci veda, se fusse alcuno che per ordine di Perillo me cercasse: se ben de' sua non mi pare. FESSENIO servo, CALANDRO. FESSENIO. Non potria meglio esser ordinata la cosa.

FANNIO. Or prepariamoci a tornarvi. LIDIO femina. Certo, Fannio, tu se' fuor di te. Tu promesso hai a Ruffo che noi ci torneremo; e non so come vuoi che vada questo fatto. FANNIO. Perché? LIDIO femina. Me ne domandi? Scempio! come se tu non sapessi ch'io son femina! FANNIO. E poi? LIDIO femina. E poi, dice!

La cura piú grave tutte l'altre scaccia. Pur, se piú mi parlasse, piú grato me le mostrerrei. FANNIO. Io cognosco costei. LIDIO femina. Chi è? FANNIO. Samia serva di Fulvia gentildonna romana. LIDIO femina. Oh! oh! oh! Anch'io la cognosco, ora. Pazienzia! Ella ben nominò Fulvia. LIDIO femina, FANNIO servo, RUFFO negromante. RUFFO. Oh! oh! oh! LIDIO femina. Che voce è quella?

Però spero condurre la cosa in paro. A costei non ho promessa cosa certa, se prima con questo Lidio non parlo. La ventura ci piove in grembo, se ella fia presa da Lidio come da me. Orsú! A casa di Perillo mercante fiorentino, ove sta Lidio, me ne vo; ed, essendo ora di pranzo, forse in casa il troverrò. LIDIO femina, FANNIO servo e la NUTRICE. LIDIO femina.

Io me ne vo a Fulvia e dirò che ará lo attento suo. FANNIO. Adunque, io sarò la serva. RUFFO. Ben sai. Siate in ordine quando a voi tornerò. FANNIO. In un tratto. Ben feci a trovare i panni ancor per me. RUFFO negromante, SAMIA serva. RUFFO. Sin qui la cosa va in modo che li cieli non me l'ariano potuta ordinar meglio. Se Samia è per di arrivata a casa, Fulvia deve aspettarmi.

A casa te ne va' e vedi quel che fa Perillo nostro padrone circa al fatto di queste nozze mie; e, quando verrá Fannio, mandami per lui a raguagliare quello che vi si fa perché intendo oggi non lassarmi trovare per vedere se in me verificar si potesse quel che il vulgo dice: «Chi ha tempo ha vita». Va' via. Or di' tu, Ruffo, quel buon che ci porti.

Deh! padrone, non ti soviene egli essere Lidio da Modon, figliuolo di Demetrio, fratello di Santilla, discipul di Polinico, padrone di Fessenio, innamorato di Fulvia? LIDIO femina. Nota, Fannio, nota. Fulvia mi è ben ne l'animo e nella memoria. FESSENIO. Mi sapeva bene che sol di Fulvia ti ricorderesti. D'altro no, in modo affatturato sei! LIDIO maschio, FESSENIO, LIDIO femina, FANNIO.

SAMIA. Mi si mostrò piú aspro che un tribulo. RUFFO. Va', parlali ora per vedere se lo spirito l'ha punto raddolcito. SAMIA. Ti pare? RUFFO. Te ne prego. SAMIA. A lui ne vo. RUFFO. Olá! Tórnatene poi per di a Fulvia; e io ne verrò subito a lei. SAMIA. Fatto è. RUFFO. Fin che costei parla a Lidio, mi starò qui apparato. FANNIO servo, LIDIO femina, SAMIA serva.

LIDIO maschio. Fessenio! o Fessenio! FESSENIO. Che donna è quella che a m'accenna? Aspetta, tu, che a te torno ora. LIDIO femina. Fannio, se io sapessi che mio fratel vivo fusse, di speranza non sperata sarei or piena; perché vederei lui essere quello per cui costui me ha còlto in scambio. FANNIO. Tu non sai anche lui essere morto. LIDIO femina. Non giá.

Be'. Va' a casa, intendi quel che vi si fa e trova li panni per vestirci. E me troverrai nella bottega di Franzino e risolveremo Ruffo al . FANNIO. Levati ancor tu di qui, perché colui che appare essere potria uno che Perillo mandasse per te. LIDIO femina. Non è de' nostri. Pur tu hai ben detto. FESSENIO servo, FULVIA.