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SANTILLA. So quel che vuoi dire: che Lidio, da noi instrutto, in loco mio entri e pigli per moglie la figliuola di Perillo la qual voglian dare a me. LIDIO. Ed è chiaro, questo? SANTILLA. Piú chiaro che 'l sole; piú vero che 'l vero. LIDIO. Oh felici noi! Vedi che pure, doppo gran pioggia, viene bellissimo sereno. Staremo meglio che a Modon.

Onde, in un tratto, resuscitò in lui quello amore che gli portava, maggior che mai fratello a sorella portassi: perché, amendue de un parto nati, di volto, di persona, di parlare, di modi tanto simili gli fe' Natura che a Modon, talor vestendosi Lidio da fanciulla e Santilla da maschio, non pur li forestieri, ma non essa madre, non la propria nutrice sapea discernere qual fusse Lidio o qual fusse Santilla; e come gli dèi non gli ariano potuti fare piú simili, cosí parimente l'uno amava l'altro piú che se stesso.

Sia maladetta la mia mala sorte che morir non mi lassò il che Modon fu preso. FESSENIO. Oh cieli avversi! come può questo farsi? Se da lui sentito non l'avessi, mai creduto non l'arei. Lassameli parlare. O Lidio! LIDIO femina. Chi è quella bestia? FESSENIO. Sará pur vero anco questo, che Lidio non conosca se non Fulvia sua? Bestia chiami me, eh? Come se tu non mi conoscessi! LIDIO femina.

FESSENIO. Tanto meglio quanto Italia è piú degna della Grecia, quanto Roma è piú nobil che Modon e quanto vaglion piú due ricchezze che una. E tutti trionferemo. LIDIO. Orsú! Andiamo a fare il tutto. FESSENIO. Spettatori, le nozze si faran domane. Chi veder le vuole non si parta. Chi 'l disagio dell'aspettare fuggir cerca a sua posta se ne vada. Qui, per ora, altro a far non se ha.

Deh! padrone, non ti soviene egli essere Lidio da Modon, figliuolo di Demetrio, fratello di Santilla, discipul di Polinico, padrone di Fessenio, innamorato di Fulvia? LIDIO femina. Nota, Fannio, nota. Fulvia mi è ben ne l'animo e nella memoria. FESSENIO. Mi sapeva bene che sol di Fulvia ti ricorderesti. D'altro no, in modo affatturato sei! LIDIO maschio, FESSENIO, LIDIO femina, FANNIO.

Demetrio, cittadin di Modon, ebbe uno figliolo maschio chiamato Lidio e una femmina chiamata Santilla, amendua d'un parto nati, tanto di forma e di presenzia simili che, dove il vestire la differenzia non facea, non era chi l'uno dall'altro cognoscere potessi.

La nutrice loro e Fannio servo, per salvare Santilla, da maschio la vesteno e Lidio la chiamano, stimando il fratello da' turchi essere stato morto. Di Modon parteno. Tra via, son presi e prigioni in Costantinopoli condotti.

FESSENIO. Un Lidio da Modon, tanto a te simile che pensai te esser lui. LIDIO femina. Fannio mio, uh! uh! uh! La cosa è chiara. Come è il nome tuo? FESSENIO. Fessenio, al vostro piacere. LIDIO femina. Felici semo: non c'è piú dubbio. Oh Fessenio mio caro! mio caro Fessenio! mio sei tu. FESSENIO. Che tante carezze? No, no. Per tuo mi vorresti, ah?

Lidio, il maschio, con Fessenio servo da Modon esce salvo; in Toscana e in Italia si conduce; ivi il vestire, il vivere e la lingua apprende. Essendo di anni diciassette in diciotto, a Roma viene, di Fulvia se innamora e, parimente da lei amato, piú volte, vestito da donna, seco a sollazzar si va. Dopo molti scambiamenti, Lidio e Santilla lietamente si riconoscano.