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Non sai tu che i compagni d'amore sono ira, odii, inimicizie, discordie, ruine, povertá, suspezione, inquietudine, morbi perniziosi nelli animi de' mortali? Fuggi amor; fuggi. LIDIO. Oimè! Polinico, non posso. POLINICO. Perché? FESSENIO. Per mal che Dio ti dia. LIDIO. Alla potenzia sua ogni cosa è suggetta.

FESSENIO. Ve è vòlto, in fine. FULVIA. Fessenio mio, se tu vuoi l'util tuo, se tu ami il ben di Lidio, se tu stimi la salute mia, trovalo, persuadilo, pregalo, stringilo, suplicalo che per questo non si parta, perché io farò per tutta Italia cercar di lei; e, se avvien che si ritrovi, da , Fessenio mio, come t'ho detto altre fiate, li do la fede mia che io la darò per moglie a Flaminio mio unico figliuolo.

La nutrice loro e Fannio servo, per salvare Santilla, da maschio la vesteno e Lidio la chiamano, stimando il fratello da' turchi essere stato morto. Di Modon parteno. Tra via, son presi e prigioni in Costantinopoli condotti.

Va' inanzi; fermati all'uscio: e io, cosí, di drieto a te ne vengo. Quanto sta bene questa bestia sotto la soma! Sciocco animalaccio! Intanto che io menerò, per l'uscio di drieto, quella scanfarda, bisognerá pure che Lidio si lassi baciar da costui. Ma, se gli baci sui li fiano fastidiosi, li parranno poi piú suavi quelli di Fulvia. Ma ecco Samia. Non ha visto Calandro. Dirolli due parole.

Fannio, odi all'orecchio. Fa' che il barbafiorito usi or con Fulvia il pestello, non il mortaro, intendi? FANNIO. Cosí fará. Va' via. FANNIO servo, LIDIO femina, SAMIA serva. FANNIO. Samia esce di casa. Tirati in qua sin che passi. LIDIO femina. Da parla. FANNIO. Taci e ascolta. SAMIA. Or va' impácciati con spirti, va'! che t'hanno ben concio Lidio tuo. FANNIO. Di te parla.

Sta' discosto. O Fannio! o Fannio! A tempo arrivi; corri qua. FANNIO. Che cosa è questa? LIDIO femina. Questo reo omo dice ch'io son femina; e a mio dispetto vuol cercarmi. FANNIO. Che audacia a far ciò ti muove? FESSENIO. Che pazzia induce te a metterti tra 'l padron mio e me? FANNIO. Questo è tuo padrone? FESSENIO. Mio, . Perché? FANNIO. Buono uomo, tu pigli errore.

LIDIO femina. Che «qua»? Dágli pur a me. SAMIA. Oh! oh! Per forza non voglio giá me li toglia alcuno di voi per ciò che io griderrei ad alta voce. Ma state saldi. Lassatemi ben vedere chi di voi è Lidio. Oh Dio! oh miraculosa maraviglia!

Io parlo da maladetto senno. FANNIO. Quando promissi che tu vi torneresti, a tutto avevo io ben pensato. LIDIO femina. Or di': che? FANNIO. Non me hai tu detto che in camera scura stesti con lei? LIDIO femina. . FANNIO. E sol con le mani teco parlava? LIDIO femina. Vero. FANNIO. Be', io verrò teco, come dianzi. LIDIO femina. Oh! oh! oh! a far che? FANNIO. Ascolta. Per serva. LIDIO femina.

E ben ho fatto a bastemiar quella perché questa qua è Santilla mia, non quella. Buon ... volsi dir, buona sera. In fede mia, la non è dessa: m'ingannavo. La è questa qui. Mai non è. Ella è pur quella: lassami ire da lei. Anzi, è pur questa. Parole! Ell'è quella. Or questa è la vita mia. Anzi, è pur quell'altra. Anderò da lei. LIDIO maschio. Pillera!

Però Lidio, che morta si pensava essere sua sorella, inteso lei essere salva, si messe ad investigare di lei. Ed a Roma pervenuti, sono giá quattro mesi, cercando sua sorella, trovò Fulvia romana.