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Ahimè! Cos'è dunque stata l'Arte per noi fino a ieri? Un trastullo ozioso, sterile, inutile. Cos'è che l'ha scaldata e l'ha vivificata? Cos'è che l'ha innalzata? E noi, che cosa abbiamo noi fatto? Come impazzati, come disperati siam corsi dietro un fantasma, una vana ombra che sapevamo di non poter mai raggiungere afferrare. Ed intanto avevamo un'anima. Ci siam noi curati di purificarla e di nobilitarla? Avevamo un ideale di perfezione morale. Ci siam noi studiati di seguitarlo e di esaltarlo agli occhi di tutti? Avevamo un ideale di Civilt

Sapevamo che in questo teatro Emiliani si rappresentavano anche di tanto in tanto tragedie, e non ci siamo voluti privare del piacere di assistere alla recita della più commovente, forse, fra le tragedie italiane, la Francesca da Rimini. Il famoso episodio dantesco non ha ispirato soltanto pittori, ma anche poeti, molti dei quali tentarono portarlo sulle scene, quantunque poco si presti all'effetto drammatico. Byron stesso dice nei suoi diarii di aver pensato a prendere la Francesca da Rimini ad argomento di una tragedia. E' un peccato che non lo abbia fatto, perchè, quando anche non avesse prodotto opera adatta ad essere rappresentata, era tal poeta da scrivere cosa stupenda. La grande semplicit

Ah ! interruppe il Negri. Ella è ammogliato di fresco; noi nol sapevamo neppure.... Infatti, disse Fenoglio, io non ne avevo dato notizia a nessuno. Un matrimonio al gran destino.... entrò a dire con aria peritosa il Piccione. Come sarebbe a dire; al gran destino? Vorrete dir clandestino?

Il 28 marzo 1844, in una lettera scritta dopo la fuga, Emilio Bandiera compiva l'esposizione delle credenze politiche nazionali che dirigevano Attilio e lui. «Mio fratello ed io diceva convinti del dovere che ogni Italiano ha di prestar tutto stesso a un miglioramento di destini dello sventurato nostro paese, cercammo ogni via per unirci a quella Giovine Italia che sapevamo formata ad organizzare l'insurrezione patria.

Saputo del nostro incarico, ci domandò se sapevamo anche le condizioni dell'alterco tra lui e voi. Io, come potete immaginare, risposi di no; che infatti siamo ancora adesso a non saperne nulla.

Senza la distrazione di vuotarci la testa coll'inchiostro, non sapevamo che infelicitarci con discussioni pessimistiche o nere fino in fondo. Non vedevamo che delusione e dolore. Anche quando traluceva qualche lampo, si finiva per intetrarci o immusonirci assai più che seduti sotto le finestre di faccia a Capra Zoppa, senza una parola. Non ci si proibiva di leggere.

E noi, noi italiani che più di ogni altro popolo avevamo il diritto ed il dovere di sapere tutto, noi, nella maggioranza, ne sapevamo poco o nulla.

Gli è che non sapevamo, gridò con voce di falsetto un altro mariuolo, piantandosegli in faccia: non sapevamo ove sia il festino a cui ne devi condurre; altrimenti t'avremmo piantato bell'e bene; e io pel primo t'avrei forse rubata a quest'ora l'amorosa.

Tristano lo stette a sentire con molta attenzione, quindi gli disse laconicamente: -Sapevamo tutto. O come, se tu sei il primo a cui ne faccio parola?

Boia!... boia!... gli urlava dietro: m'ha assassinata una gioia di figliola!... Signor maresciallo, noi non ne sapevamo niente che costui fosse un birbante: Maria santissima! no, davvero.... Sono un galantuomo! strillava intanto il ghermito, ripreso un poco d'animo. Perchè m'arrestate! lasciatemi andare, certo ci dev'essere sbaglio.... Volete tacere, brutta strega!