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PASQUELLA. Lasciate aprire a me. GHERARDO. No; voglio aprir io: tu trovaresti qualche scusa. PASQUELLA. Oh! Io ho la gran paura che non gli truovi a' ferri. Pure, ha un pezzo ch'io gli lasciai. FLAMMINIO, PASQUELLA e GHERARDO. FLAMMINIO. Pasquella, quant'è che 'l mio Fabio non fu da voi? PASQUELLA. Perché? FLAMMINIO. Perché gli è un traditore; e io lo gastigarò.

Dormi forse con lui? LELIA. Dio il volesse ch'io fusse tanto in grazia sua! ch'io non sarei ne' dispiaceri ch'io sono. PASQUELLA. Oh! Non dormiresti piú volentieri con Isabella? LELIA. Non io. PASQUELLA. Eh! Tu non dici da vero. LELIA. Cosí non fusse! PASQUELLA. Or lasciamo andare.

GHERARDO. Somiglia quella benedetta anima di sua madre. PASQUELLA. Dice il vero. Oh quanto ben faceva quella meschina!

GHERARDO. Oimè! A questo modo son giontato io? a questo modo, eh? Misero a me! Quel traditor di Virginio, traditoraccio! m'ha pure scorto per un montone. Oh Dio! Che farò io? PASQUELLA. Che avete, padrone? GHERARDO. Che ho, ah? Chi è colui che è con mia figliuola? PASQUELLA. Oh! Nol sapete voi? non è la cítola di Virginio? GHERARDO. Cítola, eh?

FLAMMINIO. Non dico te; ma Isabella e Fabio. CRIVELLO. E che voi abbruciate quella casa, con Pasquella e con chi v'è dentro. FLAMMINIO. Andiamo a trovar lo Scatizza. S'io non nel pago, s'io non fo dir di me, se tutta questa terra non lo vede... Ne farò tal vendetta!... Oh traditore! Vatti poi fida. PEDANTE, FABRIZIO giovine figliuol di Virginio e STRAGUALCIA servo.

PASQUELLA. Vi dico piú oltre che la si levò dugento volte, una e due ore innanzi , per andar alla prima messa de' frati di San Francesco, ché non voleva esser veduta tenuta una pòrchita come fanno certe graffiasanti ch'io conosco. GHERARDO. Come «pòrchita»? Che vuo' tu dire? PASQUELLA. Pòrchita, ; come si dice? VIRGINIO. Cotesta è una mala parola.

Non te scordar della promessa. PASQUELLA. tu di portar la corona. FLAMMINIO, CRIVELLO suo servo e SCATIZZA servo di Virginio. FLAMMINIO. Tu non sei ito a veder se tu vedi Fabio; ed egli non viene. Non so che mi dire di questa sua tardanza. CRIVELLO. Io andavo; e voi mi richiamaste indietro. Che colpa è la mia?

VIRGINIO. Orsú, figliuola mia! Io non voglio star teco piú in còlora. Ti perdono ogni cosa, pur che attendi a viver bene. FABRIZIO. Vi ringrazio. GHERARDO. Cosí fanno le buone figliuole. FABRIZIO. Ecco l'altro rosto fresco. GHERARDO. Orsú! Non v'è onore esser visti ragionar fuore in questo abito. Entratevene in casa. Pasquella, apre l'uscio. VIRGINIO. Entra, figliuola mia.

PASQUELLA. Son stata molto a cògliarti in bugia! Poco fa tu dicesti che n'avevi due, delle gentildonne, per amiche. GIGLIO. Io las ho lasciatas per á voi, que non voglio io otra que voi. Non m'intendite? PASQUELLA. Or bene sta. Mostrami un poco se questa corona è rosario. La mi par molto lunga. GIGLIO. Non so, io, quanti siano.

PASQUELLA. Sai? Vedrò stasera se ci sará ordine. Tu passa dinanzi a casa e io ti dirò se potrai venire o no. Or dammi la corona. Oh! Gli è bella! GIGLIO. Orsú! Io starò avertido allas vintiquattr'oras. PASQUELLA. Or , eh! ma dammi i paternostri. GIGLIO. Io los portarò con me quando verrò agliá, que les quiero primiero far un poghetto profumar. PASQUELLA. Non mi curo di tante cose.