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Sofia buttò le braccia al collo di sua sorella e la baciò; Lulù la trattenne un istante e le mormorò con voce carezzevole: Perchè non lo ami un pochino, Roberto? L'altra fece un moto brusco, tirandosi indietro, e non disse verbo. Sicchè riprese Lulù, stringendosi nelle spalle e cambiando discorso questa sera non vieni proprio con noi? No, ho mal di capo. Puoi andare con mamma. Delle tue solite.

Roberto Montefranco, per solito, non pensava molto: non ne aveva il tempo. La giornata gli fuggiva fra la colazione, la passeggiata a cavallo, le visite ed il pranzo; la sera scorreva dolcissima presso Lulù, la sua fidanzata. Poi ci erano gli affari spiccioli da sbrigare, qualche appuntamento con l'avvocato, qualche contratto da firmare, qualche debituccio vecchio da soddisfare; aggiungete i preparativi della casa e del viaggio nuziale. Appena appena se gli rimaneva una mezz'ora per leggere e un quarto d'ora per isprecarlo alla porta del caffè. Così non lo si vedeva mai assorto in riflessioni profonde, si sapeva che egli si fosse mai occupato a risolvere qualche problema sociale: perchè, del resto, Roberto non aveva nulla di tragico o di eroico nel carattere. Anzi godeva di una serenit

«Inoltre, Lulù è graziosa e ti vuol molto bene... E tu sai di non poter fare a meno di lei!... Ricordati, Anima mia, che in certe notti di novembre, in una di quelle notti, lugubri e tutte intirizzite di stelle freddolose, in cui l'orgoglio del Genio crolla ad un tratto nel nulla... in una di quelle notti astiose, piene di rancore, in cui il coraggio e la forza si sgretolano come per incanto... ricordati, Anima mia, che ella seppe pacificare il tuo povero cuore con una sola carezza... anzi, con un solo sorriso!...

«Calmati, dunque!... Hai commesso, or ora, delle pazzie imperdonabili... Ebbene: adesso bisogna che tu faccia le tue scuse agli amici e domandi perdono a Lulù...» La mia Anima mi guardò avidamente, con occhi feroci, e sentii che un torbido e rosso desiderio lo trafiggeva: il desiderio d'uccidermi, per liberarsi dei miei sermoni!

Erano passati tre mesi, il matrimonio di Lulù tirava in lungo. Alle volte la madre, che non ci vedeva chiaro in questi ritardi, chiamava in disparte la figliuola e gliene domandava. Voglio aspettare rispondeva sempre Lulù ho bisogno di conoscer meglio Roberto. Infatti la fanciulla era diventata un po' osservatrice.

«E la povera Lulù?... Hai torto d'insultarla, perchè ti ha detto una sciocchezza!... Che pazzia, l'esigere sempre, e da tutti, dell'intelligenza!... La sua stupidaggine è in perfetta armonia col gioco dell'universo! Sei tu, Anima mia, che urti e sconvolgi l'ordine!... Il tuo genio è assolutamente sconveniente!

D'altronde, non val la pena che tu lo legga!... Non ne capirai un'acca! La! La! Lulù ha ragione... Siamo del suo parere!... Il tuo poema non è interessante!... Hai fatto di meglio!... LA MIA ANIMA. Cretini! !... Siete tutti cretini!

Sei un diavoletto rispose la mamma commossa, abbracciando la figliuola. Sicchè restiamo intesi? A Roberto si annunzia pulitamente la brutta notizia, però gli si aggiunge che si resta amici, che lo vogliamo veder sempre. Se quei due si debbono amare, si ameranno: è scritto. Ma credi, cattiva Lulù, che le cose si metteranno bene? Sai che mi piacciono poco gli imbrogli.

Invece Lulù girava per la camera, spostava gli oggettini sulle mensole, apriva un tiretto per guardarvi dentro, distratta; era chiaro che essa voleva fare o dire qualche cosa, ma che il contegno serio della sorella maggiore la metteva in soggezione. Provò a canticchiare un po' di canzone, disse un verso di Dall'Ongaro; Sofia parve non aver inteso.

Ebbene gridò di lontano Lulù comparendo sotto un'altra porta ebbene, è fatta questa pace? Ma nessuno rispose. Sofia fuggì via, celando il viso fra le mani, e Roberto rimase immobile, silenzioso, come istupidito: Roberto? chiamò Lulù, Signorina... Che avviene dunque? Nulla; me ne vado.