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PANDOLFO. Non potendo io piú sopportare, la feci chiedere a Lelio suo figliuolo, il qual mi fe' rispondere che in casa sua non si dilettavano di anticaglie ma di modernaglie, e molte altre parole ingiuriose. a me per tante ingiurie si è raffreddato l'amore, posso lasciare d'amarla; ma or mi s'appresenta una occasione di conseguire il mio desiderio a dispetto di Lelio....

EUFRANONE. Con quell'istesso. POLISENA. Egli è possibile, marito mio, che tu vogli cosí beffarmi e rallegrarmi con false allegrezze? Il caldo del piacere, che giá mi scorrea per tutte le vene, mi s'è raffreddato e gelato. EUFRANONE. Giuro per la tua vita, cosí a me cara come la mia, che lo dico da senno. POLISENA. E chi ha trattato tal matrimonio?

Nuovo silenzio seguì le ultime parole di Marzia, e raffreddato il parossismo di sdegno, di collera, e di dolore che sinora l'aveva invasa, essa ricadde spossata sul miserabile pagliericcio dominata dalle più sinistre riflessioni. Suo padre! suo padre nei sotterranei del Sant'Officio! Questo pensiero l'uccideva!

Della religione il zelo santo, per cui la vita a rischio posta aviéno, era scemato e raffreddato tanto che parea non ne avessino piú in seno. Ne' di festa alla messa soltanto ivan con rabbia o sonnolenti almeno, e sol per uso o per veder la dama ed attillati per acquistar fama.

La giornata spuntò serena e limpida per gli sposi, che dopo aver riposato una notte a Como, continuarono il loro viaggio verso la Tremezzina. L'acquazzone del giorno prima aveva posto nell'aria i brividi precursori del non lontano ottobre e le cime dei monti, e specialmente delle Alpi, brizzolate di neve, splendevano sotto un raggio alquanto diluito e raffreddato nell'atmosfera trasparente.

Si volse verso il padrone di casa e gli disse con una voce che pareva venirgli su dal fondo della pancia, come quella d'un raffreddato che parli in un imbuto: «Avete ragione, è leiGiovanni interruppe la Rosina, battendo insieme le mani. Corpo di bacco! non c'è più dubbio: è lui. Chi lui?. Quel birbone d'Orsacchio. Orsacchio! esclamava Rosina curiosamente.

«Andai verso il tocco (proseguiva lo scrivente) dalla nota persona, cioè quando mi fui accertato che era sola in casa, e domandai di parlarle, perchè avevo da consegnarle un libro. La cameriera mi disse che la signora non riceveva. Io allora diedi il libro, accennando che venivo da accompagnare V. S. e che desideravo anche di portarle i suoi saluti, insieme con una sua lettera, per una certa commissione, che non sapevo qual fosse, ma che credevo importantissima, per il modo con cui mi era stata raccomandata da lei la massima sollecitudine. Con questo mezzo, dopo due andate e ritorni della cameriera, potei essere ammesso alla presenza della signora; anzi fu lei stessa che si degnò di venire in anticamera. Consegnai la lettera, ed ella, dopo aver data una scorsa allo scritto, mi disse: Grazie; sta bene. Domandai se avesse niente da comandarmi, e mi rispose di no. Mi arrischiai a dirle (scusi se in questo ho arbitrato da me) che avrei trovato il modo di far giungere a V. S. lettere, carte ed altro che mi fosse consegnato; ma ella non mostrò di gradire l'offerta. Avrò fatto male, e gliene chiedo scusa, signor padrone; ma la mia intenzione era di far bene per il suo servizio. Ora, se debbo dirle tutto quello che penso, mi pare che la sua condanna al confine abbia raffreddato molte persone, di quelle che V. S. credeva più amiche, o con le quali andava più spesso. Il conte Nerazzi, per esempio, il marchese Landi, quando ho dato loro un cenno del suo viaggio, mi hanno risposto con un semplice monosillabo. Sar

Allora si metteva a tavola, e mandava giù, senza pure addarsene, il pranzo raffreddato. «Povero signorinodiceva la cuoca, e almanaccava le disgrazie che avevano potuto ridurlo in quello stato; Antonio lo serviva senza far motto; la mestizia dell'ospite pareva ai custode la cosa più naturale del mondo.

Certo sei un mio figlio degenere, o italiano, o grumo raffreddato delle Lave millenarie! Ah! che io possa finalmente contemplare te ed i tuoi fratelli, ritti sulla tolda veloce delle torpediniere notturne, fra l'odio atroce delle burrasche, alla mercè delle raffiche d'un ciclone, e pure in atto di spiare i massi d'ebano, più neri della notte, che le squadre nemiche ammucchieranno nel buio!

O il conte Nerazzi, dunque, o il marchese Landi. Qui il nostro Gino Malatesti ricordò in buon punto la prima lettera ricevuta dal suo confidente Giuseppe. «Mi pare (scriveva il buon servitore) che la sua condanna abbia raffreddato molte persone, di quelle che V. S. credeva più amiche, e con le quali andava più spesso. Il conte Nerazzi, per esempio, e il marchese Landi, quando ho dato loro un cenno del suo viaggio, mi hanno risposto con un semplice monosillabo. Sar