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PANDOLFO. Eccomi e con la persona e con la robba per servirti e porre navi e cavalli per osservarti la promessa, e sarò tuo campione. VIGNAROLO. Su su, me ne son pentito: la cosa non può riuscire, resta per me. PANDOLFO. Che dici? che cervello è il tuo? VIGNAROLO. Orsú, voglio servirvi. PANDOLFO. E ti vuo' dar del mio ducento ducati piú di dote.

SAMIA. Che, volendo servirti, verrá a dirtelo subito. FULVIA. Misera a me! che non ne sará nulla. Ma Lidio? SAMIA. Fa quel conto di te che delle scarpe vecchie. FULVIA. Ha' lo trovato? SAMIA. E parlatoli. FULVIA. Dimmi, dimmi: che c'è? SAMIA. L'arai per male? FULVIA. Oimè! che c'è? Di' . SAMIA. In fin, e' par che non te cognoscessi mai. FULVIA. Che mi di' tu? SAMIA. Cosí sta .

FESSENIO. Vuoi che cosí gli prometta? FULVIA. Cosí ti giuro e cosí mi obligo. FESSENIO. Son certo che volentieri l'udirá perché è cosa da piacergli. FULVIA. Spacciata sono, se tu con lui non mi aiuti. Pregalo che salvi questa vita che è sua. FESSENIO. Farò quanto mi commetti; e per servirti vo a trovarlo a casa ove ora si trova. FULVIA. Non men farai per te, Fessenio mio, che per me. Addio.

«Taccagni piuttostochè prudenti; poco loro cale di quanto su loro si parli o scriva: cupidi più del danaro, che del sangue; generosi solo nelle udienze.» «Chi vuole condurre a bene una cosa nella Corte di Francia gli bisognano danari assai, diligenza grande, e buona fortuna.» «Richiesti di un benefizio pensano prima che utile ne possono cavare per loro, che se devano servirti

²⁹⁸ Iulian., 522. «Io richiamai dall’esiglio tutti coloro, quali essi siano, che da Costanzo furono esigliati, per la stoltezza dei Galilei. Quanto a te, non solo ti richiamo, ma, ricordando la nostra antica conoscenza e consuetudine, t’invito a venir da me. Tu potrai servirti pur di giungere al mio accampamento, della vettura di Stato e di un cavallo di rinforzo».

Per vini, liquori di vini grechi, lacrime, moscatelli di amarene. Queste vivande nuove ti scacciaranno dal corpo quella fame invecchiata che tu dici. LARDONE. O che prurito alla gola! Eccomi per servirti a piedi ed a cavallo; ma intendiamo, che servigio volete da me? CAPPIO. Ben sai quanto Giacomino mio padrone muore per Altilia e quanto è riamato da lei.

Divertiti dunque, poichè tuo zio vuol di nuovo servirti di introduttore. Solamente, ricordati amica mia, che tu porti un nome che obliga. Io tengo poco ad un titolo che vienmi di antenati che furono alle Crociate. Ma tengo moltissimo a quello che vienmi da Dio, il quale me ne dono sotto la forma di strofe scintillanti, di romanzi passionati, e di una polemica politica che

Pur la vedo quando mi piace e raggiono con lei a mio gusto, che essendo vestito da maschio non mi sarebbe concesso; la bacio e abbraccio strettamente, so come, tenendola cosí abbracciata, non s'accende della fiamma che vien fuori dall'infiammata anima mia. BALIA. Non mi dispiace il tuo pensiero. Ma dimmi: che ho a far io per servirti?

ALESSIO. A questo potrò servirti agevolmente; che Facio mio padre se n'ha fatto far certe nuove per andare a leggere a Salerno nello Studio, e or sta in casa aspettando maestro Rampino che gli le porti. Partito che sará, che fia tra poche ore, ti potrò accomodar di quelle che lascia, per parecchi giorni. PANURGO. Per chi le mandarete?

Penso ora che lo spirito, per piú compiutamente servirti, e nel sesso e ne l'abito di donna ha mandato a te lo amante tuo. Ma poni fine al dolor tuo perché chi femina l'ha fatto ancor maschio può rifarlo. FULVIA. Tutta consolar mi sento, parendomi che il fatto passato sia come tu di'. Ma, se tu Lidio mio intero mi rendi, li denari, la robba e ciò che io ho fia tuo.