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Unde il fuoco della tua caritá non si debba può tenere che tu non apra a chi bussa con perseveranzia. Adunque apre, diserra e spezza e' cuori indurati delle tue creature: non per loro che non bussano, ma fallo per la tua infinita bontá e per amore de' servi tuoi, che bussano a te per loro. lo', Padre etterno, ché vedi che stanno a la porta della Veritá tua e chiegono.

Egli solo m'ha spogliato della mia libera volontá, egli solo è la fatal esca de' miei pensieri; e non avendo se non un cuore, non posso amar se non un solo; e se volessi amar molti, bisognarebbe che avesse molti cuori. In conclusione, io non posso amarvi, se potessi vorrei. V'ho risposto al giusto ed onesto». O Cielo, che giustizia, che onestá è questa?

La seconda apparizione del Pacini s'inaugurò splendidamente; si inaugurò con un capolavoro completo, con una di quelle opere che conquistano l'universo, con una di quelle musiche che sublimano lo spirito e rapiscono di entusiasmo tutti i cuori.

Otton s'alzò sdegnato, e mise un cenno, E l'inno s'interruppe, e dalle mani D'uno scudier tolta al cantor fu l'arpa; E la popolosissima assemblea Alzò lungo susurro, in cui sommesso Plauso verso Aldiger mostravan molti, Ma plauso da rispetto e da paura Alternamente soffocato. I cuori Più ad Ugonello e ad Aldiger propensi Nuocer temeano maggiormente ad ambi, Se quel plauso sciogliean. Qui l'assennato Imperador volle calmare il moto Di quella moltitudine di menti, Mostrando alma pacifica, e di novo Sovra il trono s'assise, e chiese il canto Delle arpatrici. Ognuno imitò il sire, Dissimulando la imprudente scossa Data ai pensieri dal gagliardo vate, E dolcissima scese sugli spirti Delle virginee voci insiem sonanti La musica celeste. Ognun per altro, Benchè temprato a palpiti più miti, Volgendo la pupilla in sul monarca, Contristar si sentìa; chè nell'augusta Faccia, atteggiata indarno alla quïete, Balenava recondito corruccio, E l'occhio suo fulmineo esser parea D'imminente rigor nuncio tremendo. I più avveduti spettatori scritta La morte vi scorgean del pro' Ugonello. Ad Aldiger s'approssimò Romeo, E Che festi? gli disse sotto voce; Che fia di te? Finta indulgenza è questa, Che te impunito breve tempo lascia: Libero uscirai tu di questa cinta? E se pur libero esci, ove allo sdegno Ti sottrarrai del rege? Oh potess'io Trarti di qui! Pietosa a lor d'intorno Volea la folla schiudersi allo scampo Del perigliante vate. Uso alla fuga Non son, disse Aldiger; se travïommi Nell'impeto dell'estro il buon desìo, Tal non è colpa che celarmi io debba, E molta ho nel retto cor del sire. Sebbene irremovibil dal suo loco, Pur mesto era Aldiger, tardi mirando Assai sciagure sovrastanti, e prima L'accelerato d'Ugonel supplizio, E rimordeagli coscïenza. Io reo, Secretamente a dicea, d'audace Orgoglio fui; me ne punisce Iddio! Dopo il virgineo insiem sonante accordo, Palma Ottone degnò batter con palma, E sorridendo gi

Di niun sorriso va lieto l'aspetto della virtù; suo solo compenso la gloria: altissimo e primo veramente tra i conforti concessi alla decaduta schiatta di Adamo! ma altissimo e primo pei cuori gentili che sanno amarla, vivere per essa, e per essa morire.

Le donne di Bohio si erano sedute accanto ai figli del cielo. I colibri svolazzavano di fiore in fiore: i pappagalli facevano un casaldiavolo sui rami degli alberi giganteschi; l’idillio e l’egloga intenerivano i cuori della comitiva satolla. Poco stante, capitarono anche gli uomini della tribù.

Soffro che vi possa esser al mondo gente capace di far tanto male, pel loro piacere, per dissolutezza... Soffro nel veder com'una fanciulla inesperta può trovarsi circondata da' più grandi pericoli, dalle insidie più atroci. Ohimè, il mondo è ben tristo! Guai a' cuori, che si unirono di belle illusioni, che si aprono alla fiducia.... Vi fu una breve pausa.

Tutte le mattine, sull'alba, Rigo Salvani era al camposanto a salutare la tomba di sua moglie, quella tomba che racchiudeva la miglior parte di , tutte le ricordanze profumate della sua giovinezza, gli amori, le gioie, i patimenti in ugual misura divisi tra due nobili cuori. l'amore dei figli poteva più bastare a quell'anima sconsolata.

Emilio De Marchi, mi piace ripeterlo perchè è il più grande fra i titoli d'onore del nostro poeta, ha sempre accompagnato all'arte l'ispirazione morale e fu guidato, in tutte le sue opere, da un concetto educativo. Egli sentiva altamente la missione dello scrittore, e voleva che da ogni suo libro venisse un insegnamento che, purificando, ravvivasse i cuori.

O buon incontro di due nobili cuori. Il cielo piova la grazia sua sul sentimento nato fra loro due! Ma perchè mai piangete? Perchè non sono degna d'offerirvi quel che darvi vorrei, prender quello che morirei di perdere. Ma questi son futili discorsi e più la mia affezione vuol celarsi e più gigantesca si mostra.