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Invano io lo sperai; sterile pianta, il trono per te d'eredi orbo restava; e tolto m'era, per te, di padre il dolce nome. Ti repudiai perciò. OTTAV. Ben festi; ov'altra, troppo piú ch'io nol fui, felice sposa farti di cari e numerosi figli lieto potea, ben festi. Altra che t'ami quant'io, ben so, non la trovasti ancora, troverai. Ma che? mi opposi io forse ai voler tuoi?

Lúcia si lamenta di Filocrate e manda la fante a cercarlo. LÚCIA. Aimè, caro Filocrate! Son pur passati giá tre giorni interi e non ti veggio. Ove son le promesse che cosí caldamente, tante volte, a mia madre ed a me festi di tôrmi e sempre amarmi? Di quante lusinghe, quante false parole e quanti inganni son sempre pieni, omini senza fede! Quante son quelle che nel fin rimangono da voi ingannate!

Tra burle ed innocenti furti di bambini e di oggetti di vestiari o di ornamento, che si andavano a mettere in pegno e che poi gli interessati disimpegnavano, era consumato il giorno di S. Pietro in Vincoli: onde il motto che raccomandava di evitare liti il di agosto. 'Ntra festi e Ferragustu Nun cci jiri si si’ ’n disgustu

In cor del volgo addentro molto Ottavia è fitta: io tel dicea: t'aggiunsi che Roma intera avea per doni infausti di Plauto i campi, e il sanguinoso ostello di Burro, a lei feramente espulsa con tristo augurio dati: e dissi... NER. Assai dicesti, è ver; ma il voler mio pur festi. Forse il regnar tu m'insegnavi un tempo, ma il non errar giammai, tu l'insegni, l'apprend'uomo.

Ben scegliesti: partito altro non hai, che svelarti qual sei: far chiaro appieno a Roma, e al mondo ogni delitto tuo; me discolpar presso al mio popol, darti qual t'è dovuta, con infamia, morte. SENECA Piú non mi pento, e fu opportuno il punto. OTTAV. Nerone, appien giá sei scolpato; godi. Giá d'esser stata tua, d'averti amato, data men son debita pena io stessa. NER. Pena? Che festi?

9 Festi, barbar crudel, del capo scemo il più ardito garzon che di sua etade fosse da un polo e l'altro, e da l'estremo lito degl'Indi a quello ove il sol cade. Potea in Antropof

Or altra, ben altra accusa or ti s'aspetta; e il reo, non fra' martir, ma libero, e non chiesto, viene a mercé. OTTAV. Qual reo? Parla. TIGEL. Aniceto. SENECA D'Agrippina il carnefice! OTTAV. Che sento? TIGEL. Quei, che Neron d'alto periglio trasse: fido era allora al suo signor; tu, donna, traditor poscia il festi.

Noi d'Ugo abbiamo un giudice pietoso, E tu sei quello, onniveggente Iddio: Non un de' suoi sospir ti fu nascoso; Anzi a te ogni sua giusta opra salìo. Che festi d'un mortal generoso? Dimmi se il perdonavi e a te s'unìo! Ah, se ancor di sue piaghe afflitto langue, Appien le asterga, o buon Gesù, il tuo sangue! Mio fratello primogenito. Non obliviscaris amici tui in animo tuo.

SENECA Bada, Neron; piú che ingannar, t'è lieve Roma atterrir: l'uno assai volte festi; l'altro non mai. NER. Ma, di te pur mi valsi ad ingannarla io spesso; e a ciò pur eri arrendevole tu... SENECA Colpevol spesso anch'io: ma in corte di Nerone io stava. NER. Vil servo... SENECA Il fui, finch'io mi tacqui; or sorge il , ch'io sciolgo a non piú intesi detti libera lingua.

E quest'altre affettuose alla moglie Antonietta paiono suggerite al Conte da Enrichetta Blondel, la moglie del Manzoni: ......O sposo De' miei bei , tu che li fêsti, il core Vedimi; io moio di dolor, ma pure Bramar non posso di non esser tua.